lunedì 13 maggio 2013

Complessità

Ieri pomeriggio è passata da noi la micia rumena Luminitsa Blerinca, reduce da una visita alla Madonna dei Bagni, cui ha dedicato un articolo per il suo sito.
Le ho offerto una tisana, che lei ha sorseggiato senza mettervi nemmanco un granello di zucchero (ricordo che la micia è anoressica) e, mentre beveva, mi ha raccontato di avere avuto uno scontro con una vecchietta che le ha urlato "Brutta zingara, ritornatene da dove sei venuta".
Luminitsa si è chiesta perché la gente sia tanto ignorante, e non tanto per la battuta xenofoba ("Già basterebbe" ha bofonchiato Tarquinius), quanto per il fatto che rumeni e zingari non hanno niente a che fare l'un con l'altro, a parte la cittadinanza rumena, che data dal XV secolo, dopo il crollo dell'impero bizantino. Al di là del fatto che la stessa storia delle popolazioni Rom è complicatissima, i Rumeni stessi detestano gli zingari e dare dello zingaro ad un  rumeno è poco meno di un'offesa sanguinosa. Ma per gli italiani sono tutti uguali, ha concluso sconsolata la micia.
"Per molti italiani sono tutti uguali a prescindere" ho notato io "Rom, rumeni, albanesi, africani e marocchini, sono tutti negri".
Quando Luminitsa se ne è andata, ho ripensato al dialogo e mi sono posta delle domande; non tanto sul perché del razzismo, quanto sull'estrema semplificazione che la gente fa di problemi complessi.
"Si fa prima" mi ha detto Tarquinius "La gente non vuole star lì ad informarsi, a disquisire, a sottilizzare, a distinguere. E' più facile chiapparli tutti e buttarli tutti nello stesso calderone".
Per molta gente, ho notato, è difficile fare dei distinguo. O sei con noi o sei contro di noi. Se tu spieghi che sì, una situazione può essere vista in un modo, ma forse può anche essere vista in un altro modo, presentare risvolti differenti; manco ti capiscono.
Prendi il problema del velo delle donne musulmane.
Varie volte ho litigato con razzistelli da due euro che confondevano i vari tipi di velo islamico: per loro il chador, il burqa o l'hijab erano la stessa cosa. E si scagliavano contro le donne velate dicendo che erano sottomesse all'uomo (oh, che patria di femministi è l'Italia!), che puzzavano, che si velavano per non essere riconosciute ed organizzare attentati e via dicendo. Basta che andiate nella sezione "Immigrazione" di "Yahoo Answers" e ne troverete a iosa, di mentecatti simili.
Al che io mi mettevo a dire la mia con parole, speravo, ragionevoli.
Spiegavo che personalmente sono contraria al chador e al burqa, che in misura differente coprono l'intera persona e impediscono che la donna che li porta sia identificata; spiegavo che è giusto che la legge italiana li vieti, in quanto tutti debbono poter essere riconosciuti.
Aggiungevo che io sono contraria anche all'hijab, un fazzolettone che copre i capelli lasciando scoperto il viso; ma (e qui scatta il ragionamento complesso) che non lo vieterei. Capito? personalmente sono contraria, non mi piace, ma penso che, se è una libera scelta della donna, non vada proibito.
Tuttavia il ragionamento, pare, è troppo complesso. Ma come, mi dicevano, se sei contrdevi essere anche favorevole al divieto di portarlo. O sei contraria e lo vieti o sei favorevole e lo porti.
Hai voglia a spiegare che la realtà non è bianca o nera, ma che ci sono miriadi di sfumature intermedie. Molte persone - sospetto siano la maggioranza - hanno un modo di pensare rozzo e semplicistico.
Il brutto è che poi credono a gente che propone loro soluzioni semplici per problemi complessi.
Ne vogliamo parlare?

7 commenti:

il monticiano ha detto...

Qui a Roma io abito nel Rione Esquilino dove abitano e lavorano persone di non so quante etnie. Sabato 11 maggio scorso alla scuola accanto il palazzo dove abito c'è stata una festa per commemorare due bambini,un filippino e un'italiana, il primo ucciso da un'auto sulle strisce qui nei pressi, l'italiana per una malattia. Tutta la strada bloccata e senza traffico ma occupata dai bambini delle elementari e materna che giocavano a più non posso. Erano africani, asiatici, dell'Europa dell'Est, italiani ecc. Dalla finestra ho visto una bambina di colore con in testa lo hijab che correva in bicicletta su e giù per la strada insieme agli altri e tutti che parlavano in romanesco.A me è piaciuto molto il tutto (dalle 10 a.m. alle 19)

annalizard ha detto...

Sono d'accordo con cio' che hai postato e son del parere che vivere in un ambiente multi etnico sia un arricchimento.Quelli che noi chiamiamo zingari pare che siano di origini indiane ma, provenienza a parte, se avessero continuato a seguire le loro tradizioni producendo artigianato e facendo musica integrandosi nei luoghi in cui si fermano (stanziali e non) invece di fare accattonaggio e altre occupazioni decisamente deprecabili, forse non sarebbero cosi' disprezzati. Del resto io amo moltissimo la musica di Django Reinhardt, di etnia sinti, che si riscatto con la musica diventando una vera icona musicale.

annalizard ha detto...

Dimenticavo: la leggenda della Madonna dei Bagni mi e' piaciuta molto.E l'idea delle maioliche coem ex voto ancor di piu'.Grazie.
Annalisa

Kylie ha detto...

Io sono per la libertà e il rispetto delle donne e qualsiasi velazione mi sembra contro questi principi.

Bacio cara

Lypsak ha detto...

La penso come te sotto tutti i punti di vista.
C'è un'unica cosa che crea un'enorme difficoltà alla base, ovvero determinare quando portare un hijab è un atto volontario e consapevole e quando è un'usanza imposta dalla tradizione.
Le donne di una certa età ancora si coprono il capo entrando in chiesa (o in generale, al Sud capita più spesso che a Nord, ma il fenomeno è diffuso) e l'idea che stava alla base di quella che ormai è un abitudine è (a mio parere) sbagliata. Però ora nessuno è obbligato a farlo e nessuno o quasi lo fa più, a meno che non ritenga il gesto di coprirsi il capo un gesto di rispetto del tutto in tono con il proprio rapporto con la fede.
Il problema è che le donne sono oggetto di soprusi continui ed è difficile stabilire una regola che si basi solo sul fatto che una si deve coprire il capo solo se ha voglia di farlo. Del resto chiunque può mettersi un cappello, se vuole, o coprirsi la testa con una pezzola, e può farlo per il motivo che vuole.
Però, mentre a me il mio compagno non si azzarderebbe mai a dirmi "mettiti 'sta pezzola, donna! Sennò vai contro la nostra religione!", anche perché gli spappolerei i genitali, per una ragazza musulmana la faccenda potrebbe essere ben diversa. Però come si fa a capire chi lo fa per libera scelta e chi no? Sarebbe bello riuscirci...
Secondo me lo stato dovrebbe attenersi a quelle che sono le sue competenze, vietare qualunque forma di copertura eccessiva del volto della persona (perché è illegale, punto, la fede te la puoi stioccare dove ti dico io, e se non ti garbano le regole di un paese vai in un altro, santa polenta, ma si vol dare a Cesare quel che è di Cesare, o siamo ancora al caro babbo co' sta faccenda?) e incrociare le dita sperando che chi porta l'hijab lo faccia per scelta, visto che non è mortificante come burqa e chador.
Poi è mescolandosi, imparando a comprendersi e facendo circolare le idee che probabilmente anche le donne che vengono vessate finalmente capiscano che un cambiamento è possibile, che la dignità è una faccenda importante e nessuno si deve permettere di portargliela via, così come la libertà di scegliere religione e tradizioni. E mariti.

(Si vede che mi garba parlare di queste cose? :D)

Susanna ha detto...

@Lypsak: il fatto che le donne siano o meno libere di portare l'hijab è un punto dolente. E' ovvio che io parto dal presupposto che lo abbiano scelto loro: in tal caso, dico, contente loro, io non lo porterei manco morta e se qualcuno tentasse di obbligarmi gli fracasserei le sacche scrotali.

Però, come si fa a sapere se sono libere o no?
Impossibile.
Magari glielo chiedi e loro ti dicono di sì, il che non significa che lo siano. Purtroppo, come stiano le cose nelle famiglie è difficile da capire.

Tuttavia, quello del velo è un esempio. Nei prossimi giorni intendo farne altri, su altri argomenti, ma il focus è la complessità del ragionamento, che purtroppo è scarsamente diffusa, a tutti i livelli. Il credere che le cose stiano in un modo o nell'opposto, senza prendere in considerazione posizioni intermedie...

Anonimo ha detto...

Sono d'accordissimo con Lypsak.
Penso anche che lo stereotipo, sia razziale che sessuale, sia veramente un'espressione di pigrizia mentale: dato che non ho voglia di pensare, qualcuno mi ha detto che le donne son così, i neri son colà, mi comporto di conseguenza così non faccio nemmeno quello che mette in dubbio l'ordine costituito, e delego il cervello a qualcun altro. Facile no?
La complessità dell'esistenza, evidentemente, tante volte è stancante.