martedì 22 dicembre 2009

Il torciglione


Quest’anno passeremo il Natale sul Lago Trasimeno, a casa di Fabia. Fabiamaria Baldoncini Bellaveglia è una gatta certosina e possiede una latteria sul lungolago. Nella latteria, oltre a vendere latte, prepara yoghurt e dolci a base del medesimo e sul retro ha un salottino rustico dove ci sono librerie di legno grezzo, tavolini, riviste, un focolare e un juke-box funzionante. Gran parte dei libri sugli scaffali riguardano la cucina e la sociologia (Fabia era ricercatrice all’Università della Tuscia, fino a quando i tagli del Ministero l’hanno costretta ad inventarsi qualcosa).
Ieri sera sono andata a trovarla con mio fratello Edoardo, l’avvocato (che ama molto il negozio di Fabia, figuriamoci, a dodici anni ancora beve il latte, tsk) e Kenny, il velociraptor fruttariano. Ci siamo seduti davanti al fuoco acceso, sormontato da una ghirlanda fatta da Fabia usando rose di larice e melagrane. Edoardo con un bicchiere di latte (bah), Kenny con una coppa di yoghurt ai frutti di bosco ed io con un pezzetto di dolce (a casa mi chiamano “dolce maialino” a causa di questa mia passione per le torte). Fabia ci ha raccontato della sua infanzia sulle rive del lago, della madre e della nonna che a Natale preparavano tonnellate di cappelletti e impastavano anche di notte, mentre lei le spiava da dietro la porta socchiusa. Ci ha raccontato di un anno in cui, alzatasi di notte, si era recata in una stanza della casa, freddissima, dove di solito si tenevano le ceste dei panni, l’occorrente per stirare e la macchina per cucire; e aveva visto che sul tavolo c’era una tovaglia rossa ricamata a rami d’agrifoglio che copriva qualcosa di piatto e irregolare. Sollevatone un lembo, aveva visto che sotto c’era il torciglione.
Trattasi di dolce a forma di serpente, arrotolato su se stesso e decorato con squame, occhi e orecchie, ottenute con pinoli, pezzetti d’arancia o di cedro candito o mandorle intere.
E’ un dolce che ricorda riti pagani, quando i serpenti erano adorati come divinità, in quanto simbolo di vita e di vigore – ma anche come simbolo fallico, io direi – e di capacità di rinnovamento (dato che cambiano la pelle, riacquistano sempre un aspetto giovanile, beati loro). Si pensa anche che la forma richiami quella dell’anguilla.
A dicembre, infatti, al lago si svolge la sagra del torciglione, in cui i paesi danno dimostrazione dei vari modi d’impastarlo e decorarlo.
Quel Natale di tanti anni fa, però, gli ospiti della famiglia di Fabia ebbero una brutta sorpresa: quando, alla fine del pranzo natalizio, fu portato il vin santo e fu scoperto il torciglione, un urlo collettivo d’orrore felino si levò dal desco, in quanto il serpentone faceva sì mostra di sé sul vassoio, ma era completamente privo di mandorle e pinoli perché la gattina Fabia, con pazienza certosina (e te credo) se li era mangiati tutti nottetempo…
Per castigo, fu costretta ad imparare la procedura ed impastarne una decina ogni Natale. Ecco come fa.

Torciglione per otto persone
Ingredienti
80 g di farina
500 g di mandorle dolci
50 mandorle amare
300 g di zucchero
2 cucchiai di brandy
3 albumi
1 tuorlo
40 gr di pinoli (o confettini argentati o scorzette di cedro o arancia, quel che vi garba)
limone grattugiato

Preparazione:
Sbucciate le mandorle, macinatele e le impastatele con lo zucchero, il brandy, la farina e gli albumi sbattuti. Lavorate il tutto fino ad ottenere un impasto abbastanza consistente a cui darete la forma di un serpente arrotolato con una testa sottile e una coda aguzza. Spennellate il serpentone con il rosso d’uovo e decoratelo infilando a lisca confettini o pinoli - o quel che è.
Al posto degli occhi potete mettere due chicchi di caffè e, per simulare la lingua, una mandorla.
Infine mettetelo in una placca da forno unta e cuocetelo a calore moderato (150 gradi circa) per circa 40 minuti.

domenica 20 dicembre 2009

Laido Natale

Non c'è niente da fare, se uno non si omologa, non si omologa.
La redazione di RAI 3 aveva dato a Flavio Aufidio Crispino, il lupo giornalista, l'incarico di preparare un servizio sul Natale. Il lupo aveva ululato per cinque pomeriggi, ritenendo l'incarico lesivo della sua dignità di creatore e demiurgo dell'anamorfismo dal fatto mediatico (ovvero la capacità di vedere una notizia da un punto di vista insolito... o d'inventarsela tout court), ma, alla fine pareva essersi rassegnato alla banalità del servizio e, con il fido fotografo ferrarese Antenore Agenore Balboni Tumiati aveva battuto la città alla ricerca di storie insolite.
Stasera, mentre con mia sorella Megalo stavo guardando il TG 3, ho visto il servizio del lupo, intitolato "Laido Natale", dove venivano mostrate immagini siffatte:









(ovvero: tristissimo Babbo Natale obeso e alcolizzato, che canta Jingle bells sempre col medesimo giro di chitarra; moscissimo abete barcollante, addobbato di cenci svolazzanti nel gelo domenicale e decorato di bicchieri di plastica vuoti, davanti a saracinesca serrata, sfranta e grigia... da spararsi. Murnau ci avrebbe girato un cortometraggio senza neanche passare dal via)

mercoledì 16 dicembre 2009

Aridanga, romba goglionga!


Campli
Inserito originariamente da susannucciauccia

Non sono uscita, in questi giorni pre-natalizi. Ho la tosse, soffro di tracheite... almeno, spero che sia tracheite. Ho avuto le notizie dal mondo dalla ramarra Ibadeth, che ha trovato un muratore stranamente italiano che aiuti il furetto e la visoncina a fare qualche lavoro in casa (nella foto, la porta che dà sulla corte con la pergola e un pozzo. Ci sarà da scialare, nella prossima dolce primavera, bere nelle notti stellate calici di vino bianco là sotto... se ci sarò).

Detto muratore è un cane... no, non nel senso che fa male il suo lavoro, è proprio un cane, figlio di pochi, ma onesti genitori, frutto di dissennati incroci con sgabelli, tavolini e carrozzine per bambole, credo. Lui affabula essere un mastino napoletano, ma di vero c'è solo che è di un posto che si chiama Bregolise, vicino a Castel Volturno. Si chiama Eriberto Esposito Cusmè (?) e non tace mai per più di tre secondi consecutivi. Quando ho chieso a Ibadeth di cosa parlasse, lei mi ha detto che parla sempre di "shtragneri" e "ricchiuni". Pare che sia molto religioso, perché Ibadeth ieri lo ha sentito concionare sul Crocifisso ("Aridanga, romba goglionga!" s'è detta). "Perché lu Crocifisso song le tradizioni noshtre, hai capito, signora? e nun possono venì 'sti delinguendi de marocchini e de albanesi e ricere ch'ammo a staccà Noshtro Signore dalle parete!"
"Ma a parte che sono vent'anni che li hanno tolti dagli uffici pubblici e manco ve ne siete accorti!" lo ha sbeffeggiato Asiak "E poi perché vi siete messi in testa che li hanno tolti per far piacere agli stranieri? Togliere la croce dalla scuole significa rispetto per gli aconfessionali, non per i musulmani"
Il concetto di "aconfessionale" pareva essere, tuttavia, ben oltre la portata di comprensione di Eriberto Esposito Cusmé, che lo ignorò e continuò a discettare sulle nostre tradizioni calpestate dagli immigrat delinguende; ad Asiak, che gli faceva dolcemente notare che le statistiche del Ministero dell'Interno (che fa parte del Governo di destra) riportano che il 65 % dei crimini è commesso da Italiani, il cagnaccio scuoteva la testa con un sorrisetto "Difficile, difficile... che un italiano delingue, difficile..." Ibadeth ha detto che è stata lì lì per ricordargli che la sua patria sì bella e perduta, Castel Volturno, è nota nel mondo e dintorni per avere un cospicuo numero d'italiani che delinquono, ma Asiak l'ha spedita a procurarsi le pigne per i centrotavola natalizi. Meglio, ha pensato la ramarra, e se n'è andata in mezzo alle pinete con una sacca alla ricerca di oggetti adeguati per le composizioni. Tornando, ha sentito il botolo che stava ancora proclamando a gran voce la sua fede in Dio e nella Madonna... che non ci sarebbe stato nulla di male... se non avesse continuato inveendo contro i muratori albanesi e rumeni, che ci rubano il lavoro, che io sono un bravo muratore, mi faccio pagare tredici euri e 'sti malamente si fanno pagare otto euri e tu da chi vai, signora? da me che te ne chiedo tredici o dall'ucraìno che te ne chiede nove? dall'ucraìno, ovviamende; e dopo te la pigli 'nto culo, perché il lavoro te lo ha fatto da cani! Mentre Asiak rideva e diceva che forse anche lui, Eriberto Esposito Cusmè, avrebbe lavorato da cani ("Ma da cani oneshti!" ha tenuto a sottolineare il botolo malefico), Ibadeth mi diceva d'aver capito perché il popolo italiano è insorto a favore della Croce con slogan che non avrebbero sfigurato nelle ottave della Gerusalemme Liberata. Che tradizioni, che religione, che Dio e che Gesù: la Croce ci ha da stare perché segna il confine tra noi e gli altri. Se invece del Crocifisso ci avessero messo una pizza quattro stagioni, sarebbe stato lo stesso. La Croce non è un simbolo d'amore e di solidarietà e d'accoglienza: la Croce è il vessillo del nostro esercito. La piantiamo negli edifici pubblici per dire "RICORDATI CHE SEI A CASA NOSTRA E, SE NON TI VA BENE, FILA VIA".
Ibadeth non è un'esperta di religione cristiana, ma si è chiesta se Gesù Cristo avesse detto proprio questo...

martedì 1 dicembre 2009

Era una casa molto carina

Lucy K. K. e Arturo il soriano ragioniere sono andati a convivere. Ogni tanto penso a loro due e li paragono a Scubidù e ad Asiak: mi sembra un po' la canzone di Gaber, Il Signor G. ("Io sono figlio unico e ho una casa di diciotto stanze. Io invece siamo diciotto fratelli e viviamo in una stanza sola"...). Scubidù ed Asiak sono benestanti, Lucy e il soriano, diciamo, un po' meno; ma non sembra che la cosa li sconvolga oltre misura. Hanno preso casa ad Assignano e stanno facendo il trasloco, aiutati anche da Tarquinius e Ibadeth. Non avendo molti quattrini, hanno comperato un locale che necessitava di qualche piccolo ritocco. Nella foto, vedete l'edificio dopo che era stato ripulito e restaurato.

L'altro giorno, dando una mano per il trasloco, ho caricato sul break tutti gli strumenti all'avanguardia di cui si serve Arturo nel suo lavoro, fra cui una pascalina ed un pallottoliere. Il soriano e la visoncina mi precedevano sulla E 45 guidando una Seicento multipla sul cui tettuccio avevano saldamente fissato due materassi. Credendo servissero per il loro letto matrimoniale, non me ne sono curata più di tanto; in seguito mi sono resa conto che il talamo era già stato approntato, ma che i materassi erano rimasti sempre là, sul tetto del catorcio. Richiesto di una chiarificazione Arturo mi ha spiegato, serio, che nell'eventualità che la Seicento si cappotti lui si è cautelato al riguardo; inoltre, paventando un colpo di sonno, mi ha reso noto che è sempre pronto ad accostare al ciglio della strada e schiacciare un pisolino...