martedì 22 dicembre 2009

Il torciglione


Quest’anno passeremo il Natale sul Lago Trasimeno, a casa di Fabia. Fabiamaria Baldoncini Bellaveglia è una gatta certosina e possiede una latteria sul lungolago. Nella latteria, oltre a vendere latte, prepara yoghurt e dolci a base del medesimo e sul retro ha un salottino rustico dove ci sono librerie di legno grezzo, tavolini, riviste, un focolare e un juke-box funzionante. Gran parte dei libri sugli scaffali riguardano la cucina e la sociologia (Fabia era ricercatrice all’Università della Tuscia, fino a quando i tagli del Ministero l’hanno costretta ad inventarsi qualcosa).
Ieri sera sono andata a trovarla con mio fratello Edoardo, l’avvocato (che ama molto il negozio di Fabia, figuriamoci, a dodici anni ancora beve il latte, tsk) e Kenny, il velociraptor fruttariano. Ci siamo seduti davanti al fuoco acceso, sormontato da una ghirlanda fatta da Fabia usando rose di larice e melagrane. Edoardo con un bicchiere di latte (bah), Kenny con una coppa di yoghurt ai frutti di bosco ed io con un pezzetto di dolce (a casa mi chiamano “dolce maialino” a causa di questa mia passione per le torte). Fabia ci ha raccontato della sua infanzia sulle rive del lago, della madre e della nonna che a Natale preparavano tonnellate di cappelletti e impastavano anche di notte, mentre lei le spiava da dietro la porta socchiusa. Ci ha raccontato di un anno in cui, alzatasi di notte, si era recata in una stanza della casa, freddissima, dove di solito si tenevano le ceste dei panni, l’occorrente per stirare e la macchina per cucire; e aveva visto che sul tavolo c’era una tovaglia rossa ricamata a rami d’agrifoglio che copriva qualcosa di piatto e irregolare. Sollevatone un lembo, aveva visto che sotto c’era il torciglione.
Trattasi di dolce a forma di serpente, arrotolato su se stesso e decorato con squame, occhi e orecchie, ottenute con pinoli, pezzetti d’arancia o di cedro candito o mandorle intere.
E’ un dolce che ricorda riti pagani, quando i serpenti erano adorati come divinità, in quanto simbolo di vita e di vigore – ma anche come simbolo fallico, io direi – e di capacità di rinnovamento (dato che cambiano la pelle, riacquistano sempre un aspetto giovanile, beati loro). Si pensa anche che la forma richiami quella dell’anguilla.
A dicembre, infatti, al lago si svolge la sagra del torciglione, in cui i paesi danno dimostrazione dei vari modi d’impastarlo e decorarlo.
Quel Natale di tanti anni fa, però, gli ospiti della famiglia di Fabia ebbero una brutta sorpresa: quando, alla fine del pranzo natalizio, fu portato il vin santo e fu scoperto il torciglione, un urlo collettivo d’orrore felino si levò dal desco, in quanto il serpentone faceva sì mostra di sé sul vassoio, ma era completamente privo di mandorle e pinoli perché la gattina Fabia, con pazienza certosina (e te credo) se li era mangiati tutti nottetempo…
Per castigo, fu costretta ad imparare la procedura ed impastarne una decina ogni Natale. Ecco come fa.

Torciglione per otto persone
Ingredienti
80 g di farina
500 g di mandorle dolci
50 mandorle amare
300 g di zucchero
2 cucchiai di brandy
3 albumi
1 tuorlo
40 gr di pinoli (o confettini argentati o scorzette di cedro o arancia, quel che vi garba)
limone grattugiato

Preparazione:
Sbucciate le mandorle, macinatele e le impastatele con lo zucchero, il brandy, la farina e gli albumi sbattuti. Lavorate il tutto fino ad ottenere un impasto abbastanza consistente a cui darete la forma di un serpente arrotolato con una testa sottile e una coda aguzza. Spennellate il serpentone con il rosso d’uovo e decoratelo infilando a lisca confettini o pinoli - o quel che è.
Al posto degli occhi potete mettere due chicchi di caffè e, per simulare la lingua, una mandorla.
Infine mettetelo in una placca da forno unta e cuocetelo a calore moderato (150 gradi circa) per circa 40 minuti.

domenica 20 dicembre 2009

Laido Natale

Non c'è niente da fare, se uno non si omologa, non si omologa.
La redazione di RAI 3 aveva dato a Flavio Aufidio Crispino, il lupo giornalista, l'incarico di preparare un servizio sul Natale. Il lupo aveva ululato per cinque pomeriggi, ritenendo l'incarico lesivo della sua dignità di creatore e demiurgo dell'anamorfismo dal fatto mediatico (ovvero la capacità di vedere una notizia da un punto di vista insolito... o d'inventarsela tout court), ma, alla fine pareva essersi rassegnato alla banalità del servizio e, con il fido fotografo ferrarese Antenore Agenore Balboni Tumiati aveva battuto la città alla ricerca di storie insolite.
Stasera, mentre con mia sorella Megalo stavo guardando il TG 3, ho visto il servizio del lupo, intitolato "Laido Natale", dove venivano mostrate immagini siffatte:









(ovvero: tristissimo Babbo Natale obeso e alcolizzato, che canta Jingle bells sempre col medesimo giro di chitarra; moscissimo abete barcollante, addobbato di cenci svolazzanti nel gelo domenicale e decorato di bicchieri di plastica vuoti, davanti a saracinesca serrata, sfranta e grigia... da spararsi. Murnau ci avrebbe girato un cortometraggio senza neanche passare dal via)

mercoledì 16 dicembre 2009

Aridanga, romba goglionga!


Campli
Inserito originariamente da susannucciauccia

Non sono uscita, in questi giorni pre-natalizi. Ho la tosse, soffro di tracheite... almeno, spero che sia tracheite. Ho avuto le notizie dal mondo dalla ramarra Ibadeth, che ha trovato un muratore stranamente italiano che aiuti il furetto e la visoncina a fare qualche lavoro in casa (nella foto, la porta che dà sulla corte con la pergola e un pozzo. Ci sarà da scialare, nella prossima dolce primavera, bere nelle notti stellate calici di vino bianco là sotto... se ci sarò).

Detto muratore è un cane... no, non nel senso che fa male il suo lavoro, è proprio un cane, figlio di pochi, ma onesti genitori, frutto di dissennati incroci con sgabelli, tavolini e carrozzine per bambole, credo. Lui affabula essere un mastino napoletano, ma di vero c'è solo che è di un posto che si chiama Bregolise, vicino a Castel Volturno. Si chiama Eriberto Esposito Cusmè (?) e non tace mai per più di tre secondi consecutivi. Quando ho chieso a Ibadeth di cosa parlasse, lei mi ha detto che parla sempre di "shtragneri" e "ricchiuni". Pare che sia molto religioso, perché Ibadeth ieri lo ha sentito concionare sul Crocifisso ("Aridanga, romba goglionga!" s'è detta). "Perché lu Crocifisso song le tradizioni noshtre, hai capito, signora? e nun possono venì 'sti delinguendi de marocchini e de albanesi e ricere ch'ammo a staccà Noshtro Signore dalle parete!"
"Ma a parte che sono vent'anni che li hanno tolti dagli uffici pubblici e manco ve ne siete accorti!" lo ha sbeffeggiato Asiak "E poi perché vi siete messi in testa che li hanno tolti per far piacere agli stranieri? Togliere la croce dalla scuole significa rispetto per gli aconfessionali, non per i musulmani"
Il concetto di "aconfessionale" pareva essere, tuttavia, ben oltre la portata di comprensione di Eriberto Esposito Cusmé, che lo ignorò e continuò a discettare sulle nostre tradizioni calpestate dagli immigrat delinguende; ad Asiak, che gli faceva dolcemente notare che le statistiche del Ministero dell'Interno (che fa parte del Governo di destra) riportano che il 65 % dei crimini è commesso da Italiani, il cagnaccio scuoteva la testa con un sorrisetto "Difficile, difficile... che un italiano delingue, difficile..." Ibadeth ha detto che è stata lì lì per ricordargli che la sua patria sì bella e perduta, Castel Volturno, è nota nel mondo e dintorni per avere un cospicuo numero d'italiani che delinquono, ma Asiak l'ha spedita a procurarsi le pigne per i centrotavola natalizi. Meglio, ha pensato la ramarra, e se n'è andata in mezzo alle pinete con una sacca alla ricerca di oggetti adeguati per le composizioni. Tornando, ha sentito il botolo che stava ancora proclamando a gran voce la sua fede in Dio e nella Madonna... che non ci sarebbe stato nulla di male... se non avesse continuato inveendo contro i muratori albanesi e rumeni, che ci rubano il lavoro, che io sono un bravo muratore, mi faccio pagare tredici euri e 'sti malamente si fanno pagare otto euri e tu da chi vai, signora? da me che te ne chiedo tredici o dall'ucraìno che te ne chiede nove? dall'ucraìno, ovviamende; e dopo te la pigli 'nto culo, perché il lavoro te lo ha fatto da cani! Mentre Asiak rideva e diceva che forse anche lui, Eriberto Esposito Cusmè, avrebbe lavorato da cani ("Ma da cani oneshti!" ha tenuto a sottolineare il botolo malefico), Ibadeth mi diceva d'aver capito perché il popolo italiano è insorto a favore della Croce con slogan che non avrebbero sfigurato nelle ottave della Gerusalemme Liberata. Che tradizioni, che religione, che Dio e che Gesù: la Croce ci ha da stare perché segna il confine tra noi e gli altri. Se invece del Crocifisso ci avessero messo una pizza quattro stagioni, sarebbe stato lo stesso. La Croce non è un simbolo d'amore e di solidarietà e d'accoglienza: la Croce è il vessillo del nostro esercito. La piantiamo negli edifici pubblici per dire "RICORDATI CHE SEI A CASA NOSTRA E, SE NON TI VA BENE, FILA VIA".
Ibadeth non è un'esperta di religione cristiana, ma si è chiesta se Gesù Cristo avesse detto proprio questo...

martedì 1 dicembre 2009

Era una casa molto carina

Lucy K. K. e Arturo il soriano ragioniere sono andati a convivere. Ogni tanto penso a loro due e li paragono a Scubidù e ad Asiak: mi sembra un po' la canzone di Gaber, Il Signor G. ("Io sono figlio unico e ho una casa di diciotto stanze. Io invece siamo diciotto fratelli e viviamo in una stanza sola"...). Scubidù ed Asiak sono benestanti, Lucy e il soriano, diciamo, un po' meno; ma non sembra che la cosa li sconvolga oltre misura. Hanno preso casa ad Assignano e stanno facendo il trasloco, aiutati anche da Tarquinius e Ibadeth. Non avendo molti quattrini, hanno comperato un locale che necessitava di qualche piccolo ritocco. Nella foto, vedete l'edificio dopo che era stato ripulito e restaurato.

L'altro giorno, dando una mano per il trasloco, ho caricato sul break tutti gli strumenti all'avanguardia di cui si serve Arturo nel suo lavoro, fra cui una pascalina ed un pallottoliere. Il soriano e la visoncina mi precedevano sulla E 45 guidando una Seicento multipla sul cui tettuccio avevano saldamente fissato due materassi. Credendo servissero per il loro letto matrimoniale, non me ne sono curata più di tanto; in seguito mi sono resa conto che il talamo era già stato approntato, ma che i materassi erano rimasti sempre là, sul tetto del catorcio. Richiesto di una chiarificazione Arturo mi ha spiegato, serio, che nell'eventualità che la Seicento si cappotti lui si è cautelato al riguardo; inoltre, paventando un colpo di sonno, mi ha reso noto che è sempre pronto ad accostare al ciglio della strada e schiacciare un pisolino...

domenica 15 novembre 2009

Croce e delizia


scubidù primo piano
Inserito originariamente da susannucciauccia

Pranzo domenicale da Asiak e Scubidù! Ancora casa loro è tutta per aria (noterete nella foto il furetto che tenta di raccogliere oggetti variamente disseminati sul pavimento della sua magione), ma la sala da pranzo, fornita di camino e, meraviglia delle meraviglie, di porta-vivande, è già pronta ed oggi ero da loro con Ibadeth, Tarquinius, Arturo il ragioniere e Lucy K. K.
Mentre Lucy e Arturo si divertivano un mondo a correre su e giù per il portavivande (che conduce in una gelida cantina dove, per ora, non c'è proprio niente), noi discutevamo d'attualità e il discorso è caduto, manco a dirlo, sulla questione crocifissi.
C'è da dire che nessuno dei commensali è particolarmente religioso. La più religiosa sono io, che sono genericamente cristiana - ma anche ferocemente laicista, c'è da dire. Erano tutti contrari all'esposizione di simboli religiosi nei luoghi pubblici... tranne Arturo, che era più possibilista.
Che fastidio vi dà, il crocifisso?"
Un ruggito collettivo s'è levato dalla tavola e Asiak ha risposto: "A me, nessuno. Assolutamente. Ma negli uffici pubblici non ce lo vorrei"
E perché?" ha chiesto il soriano.
"Perché è un simbolo" ha replicato Tarquinius. "Un simbolo significa qualcosa. Se no non sarebbe un simbolo"
"Scusa, Arturo, io preferisco discutere con uno che mi dice che il crocifisso nei luoghi pubblici ci deve stare perché fa parte della nostra cultura, piuttosto che con qualcuno che mi chiede che fastidio mi dà. Che fastidio vuoi che mi dia? A me dà molta noia, questa storia dei crocifissi" ho brontolato io. Ibadeth mi ha fatto notare che a me ultimamente dà noia tutto... il che, può anche essere.
"Sì, ma qui veramente si sta spostando il fulcro del contendere. Tutti si sono levati a difendere il crocifisso; ma io mi chiedo quanti, tra questi, sono veramente cristiani o sanno cosa significhi essere cristiani. Pochi, credo. Il vero cristiano non dovrebbe occuparsi di simboli, perché questo è, il crocifisso, un simbolo. E l'esposizione di simboli, secondo me, ha a che fare con il potere. E il vero cristiano dovrebbe rincorrere il potere?
In che senso?" ha chiesto Ibadeth.
"Nel senso che un simbolo, come ha detto tuo marito, deve significare qualcosa. Se no, sarebbe un oggetto dell'arredamento, no? Un crocifisso mica è un oggetto qualsiasi dell'arredamento. Esposto in una casa, significa che in quella casa sono cristiani. E mi sta bene. Esposto in una scuola o in un ufficio pubblico, dovrebbe significare lo stesso. O no?"
"Penso di sì" ha detto lei.
"Beh, ma se non sono tutti cristiani? Come la mettiamo? Non è questione di fastidio, è questione di principio. A casa tua appicchi tutti i simboli che ti pare. A casa di tutti, no"
"Giusto" ha annuito il furetto.
"
Che poi... a me pare che tutta questa levata di scudi sul crocifisso non significhi la difesa del cristianesimo, ma significhi marcare il territorio. Secondo me, chi difende la croce lo fa per sottolineare la differenza dagli immigrati... soprattutto musulmani. L'ostentare la croce è un messaggio per gli immigrati: qui è casa nostra, se vi sta bene vi adeguate, se no ve ne andate. Un po' come fanno quelle ragazze musulmane che portano il velo. Vuol dire: guarda, amico, che io non sono mica come te. Noi da una parte, voi dall'altra. E questo ha ben poco a che fare con il messaggio di Cristo. Credi che tutti quelli che difendono ferocemente il crocifisso sappiano cosa vuol dire essere veramente cristiani? Secondo me no. Manco lo sanno, perché quel povero cristo è morto sulla croce. Non gliene frega niente, delle parole di Gesù, secondo me. Però dicono che il cattolicesimo è religione di Stato... E' dal 1982, che non lo è più! Lo sanno o fanno finta di non saperlo? E mica la religione di Stato è stata abolita per fare contenti gli immigrati. Voglio dire, in Italia non sono tutti cattolici. A parte gli stranieri, che hanno le religioni più disparate... ma ci sono gli italiani che credono in altre religioni, o anche quelli che non credono in niente. E questi non sono rappresentati dal crocifisso, con tutto il rispetto. In tutti i modi, ribadisco che la frase 'Che fastidio vi dà il Crocifisso?' mi fa venire le fantignole. E' questione di principio, non di fastidio. Mi sembra di un qualunquismo veramente feroce. Della serie: lasciamolo, il crocifisso, tanto è un pezzo di legno come tanti altri... Mi sembra proprio che la dica chi non vuole assumere una posizione"
"Oggi sei decisamente invelenita" ha concluso Ibadeth.
"Abbastanza" ho concordato io. E, approfittando della mia ritrovata snellezza (dovuta alla malattia, mica alla dieta), mi sono messa a rincorrere Arturo su e giù per il porta-vivande, seguita da Lucy K.K. che squittiva "Penitenziagite! Penitenziagite!"

sabato 24 ottobre 2009

Gli Ossi dei Morti

Oggi è il mio compleanno.
Compio quattordici anni e non so se arriverò a celebrare il quindicesimo, date le mie vicissitudini sanitarie - peraltro niente affatto concluse.
Tuttavia è stato, tra i miei genetliaci, uno dei più stravaganti. Avevo deciso di non replicare gli sterminati festeggiamenti dell'anno passato e mi sono pertanto limitata ad una festicciola intima a casa di Arturo il ragioniere e di Lucy K.K., che sono andati a vivere insieme (qualcuno di noi aveva già subodorato la tresca). Avevo invitato Ibadeth e Tarquinius, Asiak e il furetto, il pitone Srikant, Megalo e Maria Grata Li Greci, la micia bianca anestesista (oltre, naturalmente, ai miei fratelli Edoardo e Martino e il vecchio Charlie).
La festa era stata organizzata da Arturo e Lucy per evitare che la donnola moldava Aurinca Lacusta si offrisse di preparare il pranzo di compleanno... ancora eravamo sconvolti dagli stecchi alla bolognese che ci aveva ammannito la sera prima e che aveva raccolto nella legnaia dei vicini... per cui, mentre stavamo mangiando le tartine e ci chiedevamo oziosamente dove mai fosse finita, abbiamo ricevuto una telefonata dal Comando dei Carabinieri di un paese vicino Todi.
Pare che la nostra impareggiabile cuoca si trovasse in stato di fermo per aver violato un numero imprecisato di articoli del Codice penale.
Mia sorella Megalo si è offerta di andare a chiarire la situazione ed è filata in macchina per la E 45 alla volta dell'amena località tuderte.
Vagamente allibiti, abbiamo rimesso in frigorifero la torta orientale preparata da Srikant ed abbiamo aspettato.
Due ore dopo, quando già ci stavamo preparando a raccogliere i soldi per il riscatto, abbiamo visto tornare mia sorella Megalo, da sola, che ci ha rivelato i retroscena della sconcertante vicenda. Pare che la cuoca moldava, volendo preparare qualcosa per il mio compleanno ed avendo optato per un dolce milanese dal funereo nome di Ossi dei morti, sia stata sorpresa nel locale cimitero mentre stava profanando con una pala da forno la tomba di tal Gineprio Gisiprandi, defunto nel 1897, di professione sensale di cavalli. I Carabinieri erano tuttavia già sulle sue tracce da quando, un'ora prima, aveva tentato di assassinare il parroco di Casemasce serrandogli intorno al collo un fil di ferro di un metro e trenta nel tentativo di preparare una fiamminga di strozzapreti.
Megalo ci ha riferito, tra le risate, di non aver potuto condurla con sé perché non aveva abbastanza contante per pagare la cauzione...

mercoledì 21 ottobre 2009

Cucina e metafore

La donnola Aurinca Lacusta. proveniente dalla Moldavia e venuta in Italia al seguito dei due novelli sposi Asiak e Scubidù, si è trasferita momentaneamente a casa di Ibadeth e Tarquinius (e chi non si trasferisce momentaneamente a casa di Ibadeth e Tarquinius? penso abbiano dimenticato ogni parvenza di privacy, quei due...). Si è messa subito in cerca di un impiego nei ristoranti della zona e non capisce perchè non riesce a trovarne. Io un'idea l'avrei, a dire il vero, ma se l'appaleso mi si accusa di mordacità, per cui manterrò un rigoroso silenzio.
Quando ne avrò voglia (adesso ho problemi di salute) scriverò un post sul concretismo, che non è una corrente artistica del primo Novecento (oddìo, può pure essere), bensì un disturbo che spinge chi ne è affetto a prender tutto sul serio, a non capire metafore o allegorie, a non avere un pensiero astratto.
Ho il sospetto che di questo soffra la nostra cuoca moldava. L'altra sera ci ha cucinato la pizza margherita e ci siamo visti presentare a tavola una focaccia cosparsa di gentili fiorellini bianchi e gialli.
Qualche giorno fa ci ha ammannito una carbonara: ci siamo trovati nel piatto una massa informe di spaghetti spolverizzati di ceppi bruciacchiati.
La scorsa settimana l'abbiamo vista che consultava, su Internet, un sito di terroristi pakistani, indi si è prodotta nella "Bomba di riso": siamo stati tutto il pomeriggio a raccogliere con l'aspirapolvere chicchi spiaccicati sulle pareti.
Domenica sera ha preparato un calzone; lunedì mattina si sono udite le imprecazioni di Tarquinius, che è stato costretto ad andare in bermuda fiorati a consegnare un pannello istoriato alla chiesa della Madonna dei Bagni.
Martedì, per esibirsi nella preparazione dei cassoni fritti, ha trascinato in cucina due cassapanche in cui Ibadeth tiene i suoi costumi di scena. L'abbiamo fermata appena in tempo.
Oggi è stata la volta degli spaghetti alla chitarra e della carta musica: ha smontato la chitarra di Ibadeth e ha condito i suoi spartiti di musica balcanica con olio, sale e prezzemolo.
La gatta Almasilvia, in uno dei suoi rari guizzi d'umor nero, si è augurata a mezza voce che nessuno le suggerisca di fare gli gnocchi alla bava o la "pasta cacata"....

martedì 29 settembre 2009

Viaggi di nozze con cucina esotica

Il viaggio di nozze nell'Abkhazia citeriore è terminato e i piccioncini (si fa per dire) sono tornati alla base. Quando Asiak ha saputo che ero stata male e mi ero operata per la quinta volta, ha cominciato a ululare e a rimbrottarmi perché non glielo avevo fatto sapere. Che cosa avrei dovuto fare, l'ho rintuzzata, farti venire giù dai castelli rupestri col tuo novello sposo perché io ci ho un tumore? Troppi ce ne ho avuti, fra un po' chiederò alla veterinaria Sabrina di mettemi una zip, così la prossima volta fa prima.
I due novelli hanno riportato varie fotografie, fra cui hanno scelto le più belle (il furetto ha detto che se c'è una cosa che gli fa girare i cabbasisi è proprio la gente che costringe il prossimo a sorbirsi vagonate di fotografie mal fatte ed insignificanti, tipo tredici varianti dell'ala sinistra dell'aereo o una dozzina di cornicioni arrugginiti sormontati da un piccione che ti rimira con aria beota).
Hanno riportato anche qualcos'altro, o qualcun altro, a seconda. Hanno riportato la cuoca dell'albergo, una donnola moldava di nome Aurinca Lacusta, la cui partenza dall'hotel è circondata dal più fitto mistero.
Io una mezza idea ce l'ho, però. Ieri sera ha dichiarato di voler cucinare per tutti noi e ci ha preparato quella che è, secondo lei, la specialità di Ciadar Lunga: i bocconotti alla sabbia, piatto che constava di maccheroni lessati e spolverizzati con la rena raccolta sulle rive del Chiascio...

martedì 15 settembre 2009

Mortacci loro...

Valium o ketamina? Questo era il dilemma per la veterinaria Sabrina, che mi ha operato per la quinta volta, la possino. Ho infatti un'insufficienza renale - non si sa se cronica o transitoria - e, in questi casi, è bene ricorrere alle operazioni chirurgiche solo se non si può fare altrimenti, perché l'anestesia peggiora lo stato dei reni.
Bisogna fare una scelta, insomma. Io ho un tumore maligno alla mammella e la Mamma si è chiesta: meglio lasciarlo stare o rischiare uno choc ai reni? La veterinaria le ha detto che non si poteva fare a meno di operare; et voila.
E io qua.
Mi sono svegliata da un'ora e sto dettando il post a Trilly, la gatta della Sabrina, perché io non ci prendo nella tastiera. Mi sento come se mi fosse passato sopra un camion con rimorchio. E non ho nemmeno il piede di porco a pila regalato dalla zia Waller, come l'elettrotecnico degli Squallor. Ho più buchi addosso di un puntaspilli. La Sabrina mi sta facendo diecimila flebo, di cibo e di fisiologica, per disintossicarmi, e ha detto alla Mamma che dovrebbe lasciarmi qui per un giorno.
Non ci voglio stare!
Voglio casa mia!

sabato 12 settembre 2009

La sfiga ci vede benissimo

Sono una gatta di quasi quattordici anni, il che vuol dire che non sono proprio di primo pelo.
Se si pensa che una volta i gatti campavano al massimo sette-otto anni (e non studiavano psicologia né suonavano il rock), dovrei baciarmi i gomiti.
Invece non me li bacio, anzi, direi che sono pure un po' scocciata. Nella mia vita ho già subito quattro operazioni per tumori assortiti (l'ultima il 9 luglio scorso) e martedì passerò alla quinta.
In più, soffro di reni e non ho appetito.
Niente altro?
Se da martedì non mi sentirete più, vorrà dire che è andata male.
Mortacci...

lunedì 24 agosto 2009

La Sagra della Pera cocomerina

Vi ho abituati, è vero, a titoli balzani, ma vi assicuro che la Sagra della Pera Cocomerina esiste e si svolge ogni anno, nella seconda metà di agosto, nel Cesenate, a Ville di Monte Coronaro, alle pendici del Monte Fumaiolo.
Se non fosse che periodicamente – per non dire perennemente – la E 45 è sventrata e disossata all’altezza del Verghereto, forse la grande massa non avrebbe contezza di questi luoghi nei pressi delle sorgenti del Tevere… o forse sì, dopo tutto il Monte Fumaiolo è meta di gite ed escursioni da tutta Italia, a causa dell’estrema bellezza delle pendici coperte da foreste e dei freschi sentieri.
Il fatto è che, se i perugini vogliono andare verso Cesena, arrivati dove l’Umbria lambisce Toscana e Romagna, sono costretti ad uscire e percorrere nove tragici chilometri fra i monti, passare per il paese di Verghereto che domina la E 45 e, dopo varie capriole, rimbalzare di nuovo sulla micidiale superstrada. Il percorso è esiziale perché non è raro trovarsi accodati ad un TIR o ad un camper che marcia a 6,2 km all’ora… ché altrimenti sarebbero nove piacevolissimi chilometri, se non soffrite il mal d’auto. Orbene, a qualche chilometro dall’uscita forzata si trova il paese di Ville, dove sono presenti frutteti della simpatica pera cocomerina, una pera piccolina dalla polpa bianca e colorata di rosso anguria. Non pensate che sappia di cocomero, sia chiaro: sa di pera, è molto dolce, un vago retrogusto di moscato, ma sa di pera. E vive solo lì, nell’Alta Valle del Savio.
Ne abbiamo fatto scorpacciata sabato scorso, allorché ci siamo esibiti alla Sagra… in formazione ridotta: Ibadeth (al violino), Tarquinius (alla fisarmonica) ed io (a tutto il resto). Benché, mi dice la Mamma, non sia più come vent’anni fa, quando ad agosto nelle città sparivano tutti e sembrava avessero fatto le fucilate, siamo rimasti da soli. Aristogìtone è andato in Africa dai parenti, Filòstrato il pipistrello è in gita nei paesi scandinavi. Degli Otocioni, l’unico che si sarebbe potuto prestare per suonare il liscio era Jerry, che è ricoverato all’ospedale con i calcoli. Per cui, abbiamo suonato musiche balcaniche come sottofondo ad una scuola di danze etniche di Cesena che aveva organizzato alla Sagra il saggio di fine anno; e, alla fine del concerto, ci siamo sfondati di polenta col ragù e torta di pinoli e pera cocomerina. Non ci hanno pagati molto, ma ci hanno permesso di mangiare a sfondo e di portarci a casa una scatola piena di barattoli di marmellata di pera cocomerina….
Nella foto: ritratto di Tarquinius, eseguito dalla grande pittrice Alessia Massetti.

giovedì 20 agosto 2009

La casa di Asiak e Scubidù


La casa di Asiak e Scubidù
Inserito originariamente da susannucciauccia

La sera, dopo vari festeggiamenti e libagioni, gli amici più intimi sono convenuti a casa degli sposi (che vedete nella foto).
Il furetto e la visoncina hanno offerto cocco e sidro ghiacciato. Domattina partiranno per il viaggio di nozze: i castelli rupestri dei Monti di Nettuno, nell'Abkhazia citeriore.

Margot si è addormentata sulla panchina, esausta, con l'osgaton gaturno stretto nella zampa. Alibech, la visoncina nera, le ha suonato una ninnananna con il flauto.

lunedì 17 agosto 2009

Scene da un matrimonio


Osgaton gaturno
Inserito originariamente da susannucciauccia

Feste normali noi non siamo in grado di organizzarne, non c'è niente da fare. Neppure stavolta ci siamo smentiti: il matrimonio di Asiak e Scubidù è stato rallegrato da una spettacolare scoperta archeologica. Ma andiamo per ordine, come dice il Presidente quando conta le sue escort.
Lo sposalizio si è celebrato nella tenuta di Almasilvia Deogratias, che per l'occasione aveva allestito uno scenario fiabesco sotto un tendone nel suo frutteto... sì, perché la cerimonia era tutta dedicata al tema della frutta. La star era ovviamente Kenny, il velociraptor fruttariano che canta canzoni sulla frutta. Tavolate colme di ogni ben di Dio erano imbandite attorno al gazebo sotto il quale il sindaco ha sancito il legame tra un'emozionatissima Asiak e un (supponiamo) emozionato furetto, che però non si mostra mai scosso in nessuna situazione. Testimoni della sposa erano Tarquinius e Ibadeth, lei elegantissima in una tunica viola cangiante; testimoni dello sposo erano la veterinaria Sabrina e la gatta Patricia detta Trilly. Numerosi erano gli invitati... si fa prima a dire chi non c'era, in realtà. Io sono stata cooptata per cantare l'Ave Maria e il Panis Angelicus (imparati la sera prima sotto la guida del ratto Michelangelo Storace detto Er Pantegana). Due amiche dello sposo, le gatte calicò Giada e Lucia, erano incaricate di portare gli anelli... peccato che Lucia sia cieca e invece di porgerle agli sposi le abbia rovesciate nella fontana, costringendo il licaone Aristogìtone a tuffarsi per recuperarle.

Megalo aveva indossato per l'occasione un tailleur Chanel bianco bordato di rosso; mia cugina Margot sfoggiava un abito lungo in organza rosa confetto con paillettes, un po' sopra le righe, a mio modesto parere. Era elegantissima Lucy K.K., con un tubino verde pastello e borsetta analoga, accanto ad Arturo il ragioniere in grigio, come sempre. Maysa la lince si era conciata in maniera tale che pareva la protagonista femminile del Figlio dello Sceicco, con un caftano porpora ricamato d'argento. A un certo punto, mi ha sussurrato lepida che era un matrimonio assai commovente, tra un ladro e un'assassina; suo marito Ramon Lllull Costa i Llobera le ha rifilato una gomitata nel plesso solare e l'ha ridotta al silenzio.
Il colpo di scena si è avuto dopo la cerimonia, allorché i camerieri hanno cominciato a servire gli aperitivi biologici offerti da Almasilvia. Lucy K.K., probabilmente sbronza, inanellava una serie di brindisi uno più improbabile dell'altro, costringendo gli astanti ad applaudire. Arturo ad un tratto, dopo aver ingurgitato l'ennesimo aperitivo, ha gettato il calice a terra e l'ha calpestato, apprestandosi a pronunciare chi sa quale formula augurale; ma qualunque augurio intendesse fare, ha terminato la frase con una serie di urla selvagge ed improperi (del tipo Porca zozza ladra lurida troia maiala... e mi è sfuggito il resto), in quanto la zampa gli era sprofondata in un buco del terreno. Megalo e Margot sono accorse per aiutarlo a liberare l'estremità offesa (mentre Lucy K.K. rideva a crepapelle) ed in quel momento Margot si è chinata sulla buca e ne ha estratto un coccio con una misteriosa scritta in caratteri sconosciuti. Ha cacciato un urlo spaventevole, tanto che sono accorsi subito il lupo Flavio Aufidio Crispino e il fotografo ferrarese, che si sono messi a riprendere la scena. Pare si trattasse di una tavoletta gaturna che mia cugina ha definito osgaton, con una scritta sulla quale non è stata in grado di avanzare alcuna ipotesi.

La serata si è conclusa tra balli, canti, esibizioni della visoncina nera Alibech Estalère con il flauto e brani dal repertorio del velociraptor: Banane lampone, Il mondo di frutta candita, Il tempo delle mele, La banana, Tutti frutti, Puppappera, Che mele, L'uva fogarina, Era il tempo delle more, Mango papaya ananas, Tocca l'albicocca, Strawberry fields forever, Mango papaya kiwi.

Un fuori programma demenziale è stata l'esibizione di Pinca e Pallina ai cocomeri. Avendo notato spesso, nei negozi d'alimentari, la pietosa scena di gente che prende a sberle i cocomeri esposti nelle ceste, esse hanno concluso che si trattasse di un nuovo tipo di strumento a percussione e ne hanno ordinati una decina da suonare durante la festa, cantando un pezzo blues da loro composto, intitolato Wallaby lullaby Libania.


martedì 11 agosto 2009

Il sentiero di luci

"C'è un sentiero di luci che cinge il mondo e bisogna trovare l'entrata. Bisogna fare molta attenzione, però, perché non è semplice. Magari ti giri perché credi di aver visto uno degli accessi, con la coda dell'occhio. Ti giri e magari non lo vedi più e ci rimani male. Non sai mai dove puoi trovare l'accesso. Sotto una siepe, dentro un buco nel muro, sotto un arco, tra due siepi che bordano un giardino..." diceva Lucy, sdraiata sul tappeto.
"Tra due prode rialzate accanto a un fiume..." aggiungeva Asiak.
" ... in fondo ad uno spiazzo dietro un autogrill..." proponeva Margot.
" ... dietro ad un capannone industriale ai limiti della città, vicino alla campagna... verso la siepe che confina con i campi, lì comincia il sentiero che cinge il mondo..." suggeriva Megalo, passando lo spinello a Fabia.
Sì, perché ieri sera c'era l'addio al nubilato di Asiak, che sabato si sposa con il furetto Annibale Bellassai detto Scubidù. E noi tutte femmine del blog ci siamo sbronzate nonché sballate con la Maria biologica fornita dalla gatta selvatica Almasilvia. E Asiak ci ha spiegato cos'è il sentiero di luci che cinge il mondo...

mercoledì 5 agosto 2009

Le Vite dei Santi: i Lapsi Cerquetani e la Volta Miracolosa

Quest’estate (o la mezza che è scorsa sinora) è climaticamente bizzarra, a dir poco; ciò non pertanto io penso che i giovani dovrebbero godersela… che ti dico… in piscina, al mare, in montagna, all’happy hour, mal che vada in lunghe pennichelle negli assolati meriggi estivi… Il Bimbo, invece, si dedica con rimarchevole impegno allo studio astioso delle vite dei Santi e la scorsa settimana ha trascinato seco la Bimba, Pinca e Pallina, Carlegidio il cinghiale e Michelangelo Er Pantegana a visitare la Volta Miracolosa di Cerqueto.
Il luogo sacro ha peraltro lasciato un po’ perplesso financo il ratto che, come sapete, è assai divoto: trattasi di una cappella in fondo ad un bosco di lecci, dietro al cui altare trovasi una piccola volta che porta ad una cripta. La particolarità della volta in questione risiede nel fatto che talvolta essa crolla in testa ai fedeli sottostanti uccidendoli senza pietà e poi, miracolosamente, si ricompone. I fedeli così martirizzati vengono pertanto celermente sepolti sotto l’altare della chiesetta.
Anvedi te ‘sta volta miracolosa, daje!” sghignazzava il ratto “E scàrcate, daje, scàrcate si ci hai er coraggio, scàrcate!” la provocava ripassando avanti e indietro, senza peraltro ottenere segno di vita dal malefico archetto. Intanto il Bimbo si documentava, leggendo un’iscrizione sul muro di mattoni (mentre la Bimba si stava empiamente arrampicando sul lampadario di ferro battuto della cappella e dondolava avanti e indietro cantando “Un viaggio ha senso soloooooo/ senza ritorno se non in volooooo!!!!….” Pare che la cappella fosse dedicata al culto dei Lapsi Cerquetani, cinquanta membri di una comunità cristiana di Cerqueto, da poco convertiti; secondo un capitolo misconosciuto del Pastore di Erma (testo apocalittico paleocristiano), gli Acta quinquaginta filiorum maximae matris ignotae (m. ignotae), essi avrebbero rischiato di subire il martirio nel 210, ad opera del console romano Ammianus Tertullianus. Avendo il feroce console mostrato loro il martirio a cui sarebbero stati sottoposti (la lotta contro dieci elefanti imbufaliti e la visione di dieci puntate di Studium apertum), gli eroici cerquetani rinnegarono vilmente la loro non troppo salda fede, sacrificando agli dei pagani e accompagnando l’atto d’apostasia con un collettivo “Tié!”
Pare tuttavia che la chiesetta in questione, meta di pellegrinaggi pagani fino all’avvento dell’imperatore Teodosio nel IV secolo, non sia molto citata nelle guide cristiane e negli itinerari del turismo devozionale…

martedì 14 luglio 2009

SCIOPERO CONTRO IL DDL ALFANO!


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Inserito originariamente da susannucciauccia

Oggi sciopero contro ogni censura.


Diritto alla rete.

giovedì 9 luglio 2009

Auroralia - Una serata diversa


Gaja - La presentazione
Inserito originariamente da susannucciauccia

Non penso che mi presenterò mai più dalle parti della Libreria Flexi dopo la figuraccia memorabile patita a cagione del Bimbo e della Bimba.


Era prevista la pubblica lettura di quindici racconti, ispirati all’inquietante foto di tale signor Uelsmann, un’ombra femminile nera che vola sopra un tetro paesaggio fatto di laghi e colline glabre. La Mamma aveva scritto un racconto ancor più inquietante, se possibile, e nel primo pomeriggio lei e lo Zio Panda erano partiti per recarsi nella capitale con la loro indegna vetturetta arancione e si erano allocati in un piccolo albergo in fondo alla Via Labicana, appiccicato al raccordo anulare, fra parentesi.
Megalo ed io eravamo andate a trovare nostra cugina Margot al Museo da lei mirabilmente diretto. Alle nove passate, eravamo in via Clementina 9, quartiere Suburra, alla libreria Flexi, che ho scoperto essere un’ibrida creatura chiamata “caffè-libreria”. Poco bene, mi son detta; Megalo, Margot ed io abbiamo cominciato a tracannare uno spritz dietro l’altro e, quando le letture sono iniziate, eravamo già in una dimensione altra.
Alla fine delle letture, la zia Gaja ha annunciato un fuori-programma: la performance di due giovanissimi autori molto promettenti (“Promettenti sventura” ha biascicato mia sorella Megalo), che si sarebbero prodotti nella lettura di un poema epico-pulp con accompagnamento di strumenti musicali desueti. Non sapevo chi fossero, ma una sottile angoscia ha cominciato a farmi rizzare i peli ed appiattire le orecchie sul capo; la premonizione si è rivelata azzeccata quando ho visto presentarsi al pubblico assiepato nella saletta il Bimbo con un fascio immenso di fogli di carta velina e la Bimba con la buccina.
Oh mio Dio” ho soffiato io. “Li mortacci loro!” ha strillato Margot, facendosi riconoscere come al solito, mentre il Bimbo dava inizio alla lettura della Bimbeide, poema epico-pulp in 753 canti che narrava le innumeri malefatte di una bimba non meglio identificata… e che tale è rimasta perché, ogni volta che la lettura si avvicinava a qualche passo particolarmente scabroso, la Bimba (che aveva massacrato la buccina a schiaffoni e cazzotti fino a convincerla a diventare un clarinetto per sfinimento) soffiava con forza nello strumento emettendo muggiti inimmaginabili.
E fu allora che la Bimba sottrasse vilmente il quadro al Museo e…. UAAAAAHHH!” “…e allorquando la Bimba distrusse con la dinamite….UAAAAAHHH!!!”
Alla fine della lettura (verso le tre del mattino) il pubblico era in stato catatonico, vanamente soccorso dal Bieco Libraio che distribuiva caffè corretto alla vodka a tutti, provocando nella zia Gaja e in Margot un raptus canoro che le portava all’esecuzione della famosa aria “Ci ho sette par de scarpe e vado scarzo”.

Il Bimbo e la Bimba, invece, fieri della loro prodezza, ricevevano le congratulazioni (credevano loro) della folla che così commentava la performance:

"Insolito!"
"Ci avete lasciati senza parole!"
"Mai sentita una cosa simile!"
"Una performance fuori dal comune!"
"Incredibile!"

... e così via...


lunedì 15 giugno 2009

"Auroralia" e il Lago dell'Abisso

La mia Mamma, si sa, non ha il comune senso della decenza; pertanto il prossimo 26 giugno parteciperà ad una serata di pubblica lettura di racconti presso la Libreria Flexi di Roma, ove leggerà il racconto allegato. La serata s'intitola "Auroralia" ed è stata organizzata dalla zia Gaja Cenciarelli. Si leggeranno quindici brevi testi - racconti, ma anche poesie e riflessioni sparse - ispirati ad una foto di Uelsmann raffigurante un'ombra femminile nera che sorvola uno specchio d'acqua.
Anche inquietante, direi io.
Comunque, questo è il racconto.




Il lago dell’Abisso

Non è che a casa sua non ci fossero degli specchi. C’erano. Ma lei non aveva mai capito a cosa servissero.
La sua era una famiglia modesta, ma rispettabile, amava ripetere la mamma.
Già, rispettabile, qualunque cosa volesse dire.
Il campo semantico della parola rispettabile comprendeva una pletora di oggetti sconnessi e all’apparenza slegati fra di loro. Comprendeva il taglio di capelli con un’insalatiera ficcata in testa, tenuta ben ferma dalla vicina di pianerottolo che le scorciava le chiome torno torno con un paio di forbici che le servivano nel suo lavoro di sarta (fa la sarta, saprà ben adoperare le forbici…). Comprendeva i vestiti ereditati dalle cugine e dalle figlie delle amiche, cui la mamma cuciva un orlo fantasmagorico per abbellirli, e che le cugine e le figlie delle amiche riconoscevano immediatamente come propri (Mamma, guarda, Palma ci ha i calzoni che tu avevi buttato!). Comprendeva il bagno fatto solo la mattina della domenica. Comprendeva il deodorante spruzzato sopra i maglioncini, che s’infeltrivano e si macchiavano. Comprendeva il divieto d’usare il bidet (che Palma fino a quattordici anni aveva creduto essere il recipiente dove si lavavano i piedi).
Palma passava spesso i suoi pomeriggi affacciata alla terrazza che dava sulla via trafficata. Guardava il mondo e non capiva. Le macchine correvano avanti e indietro sulla strada e… come facevano a non scontrarsi?… Scontro frontale, ripeteva la mamma, è mortale, non prendere mai la macchina, Palma! Un pomeriggio, Palma aveva capito – o almeno aveva creduto di capire – che la striscia bianca in mezzo alla strada serviva a dividere le macchine! Da una parte vanno in su, dall’altra vanno in giù! Ecco perché non si scontrano! Ho capito! Il mondo le era apparso meno incomprensibile, era riuscita ad impadronirsi di una chiave che glielo faceva sembrare meno estraneo! Era corsa subito dalla mamma a dirglielo, pensando che anche a lei finalmente il mondo sarebbe apparso meno spaventoso.
La mamma aveva fatto una risataccia ed aveva negato. Non era mica vero, che la striscia bianca serviva a dividere le macchine. Non era mica vero che le automobili marciavano secondo un ordine. Le auto marciavano a caso. E si scontravano frontalmente. Che cosa pensava, Palma, di aver avuto un’idea geniale?
Palma era tornata in terrazza, avvilita. Eppure, le era parsa un’idea così carina…
E gli specchi.
C’era una bambina, dentro lo specchio. Magra, con gli occhi fondi e il naso lungo. Aveva uno scamiciato di lana grigia, come lei.
A un cero punto Palma aveva capito. Quella bambina era lei!
Era corsa a dirlo alla mamma.
La mamma aveva fatto una risataccia e aveva negato. E come faresti, tu, a vederti su un pezzo di vetro? Dimmelo, come sarebbe possibile? Quello è un quadro, Palma, quella bambina è la nipote di una mia cugina a cui volevo molto bene. Come fai a essere tu? Credi che tutto il mondo giri intorno a te?
Ma si muove, mamma, aveva detto Palma fiocamente. Si muove quando mi muovo io.
E’ un ologramma. Un quadro che si muove, aveva riso sua madre.
E se io voglio vedere come sono fatta?… aveva provocato la bambina.
Non c’è modo, aveva soffiato sua madre, continuando a lavorare a maglia.
Non potresti farmi una fotografia?
No, non ho la macchina fotografica. Non ho i soldi per comprarla e in tutti i modi non la comprerei per te.
Non potresti farmi fare un ritratto? Come quello che ho visto, della figlia di tua cugina?
Non c’era stata risposta.
Che fine ha fatto, quella bambina? Aveva voluto sapere Palma.
La madre aveva riso. E’ morta! E l’aveva guardata, ridacchiando.

A diciotto anni se n’era andata, anche se nessuno della famiglia aveva capito perché.
S’era diplomata all’Istituto agrario e aveva trovato un lavoro in un’azienda agricola vicino Bevagna. Vicino al Lago dell’Abisso.
Il Lago dell’Abisso, profondissimo specchio d’acqua, alimentato da una polla risorgiva. Quindici metri di profondità, colore blu intenso, circondato da fosche leggende.
Quando faceva caldo, scendeva dal trattore e andava a riposarsi sotto ai pioppi, vicino al lago. Uno specchio rotondo e turchese, in cui le piaceva rimirarsi.
Talvolta si addormentava vicino al lago e sognava.
Sognava di non essere lei. Le pareva di essere una creatura sottile e scura, che sorvolava a gran velocità i mari, le campagne e le città e si specchiava in tutti gli stagni del mondo…

venerdì 12 giugno 2009

Pinca blues - parte II


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Inserito originariamente da susannucciauccia

Per fortuna eravamo partiti dalla mattina, per il rave party al Centro Sociale di Castiglion Fibocchi! Ci siamo trovati per due ore in assolata coda sulla Valdichiana-Bettolle per un incidente, poi abbiamo sbagliato strada e ci siamo bloccati al bivio di Nottola perché c'era la coda per assistere alla Sagra del Cavolo (dove la sera si sarebbe esibito Kenny, il velociraptor che canta inni alla frutta). Siamo arrivati alle tre del pomeriggio e siamo stati accolti da un organizzatore schiumante di rabbia.
I rave party sono manifestazioni veramente demenziali. Ci puoi trovare di tutto. A Castiglion Fibocchi c'erano un tavolino di Amnesty International, uno di Emergency e uno di Forza Nuova. Il tavolino di Amnesty raccoglieva firme a favore della scarcerazione di cinque detenuti moldavi, quello di Forza Nuova faceva firmare una petizione contro gli stupratori rumeni. Ci vuole la varietà, a questo mondo.

L'indegna kermesse è cominciata a mezzanotte ed è proseguita sino alle sette del mattino dopo. Gli Otocioni hanno dato fondo a tutto il loro repertorio, sino a che, alle cinque, siamo stati costretti a metterci a suonare pezzi di liscio, inni dell'Armata Rossa e anche qualche melodia neonazista, non ci vorrei giurare (tanto erano tutti fatti come pigne, nessuno ci ha fatto caso). I nazisti di Forza Nuova sono andati a firmare al tavolino di Emergency, quelli di Emergency si sono rifiutati di firmare la petizione di Forza Nuova.
Il momento clou è stata l'esibizione di Pinca con l'armonica (ingoiata il mese scorso), che ha cantato una struggente melodia da lei composta, dal titolo Provate voi:

Provate voi
ad essere una gemella
provate voi
ad avere due nomi
provate voi
a non esser nessuno
a non esser nessuna
e ad essere due
che è anche peggio.
Provate voi
a non saper chi siete
provate voi
a vestirvi sempre uguali
a non avere niente
ad essere in vetrina
la vetrina di qualcun altro
provate voi.
Non metteteci gonne a balze
non metteteci calzoncini attillati
le nostre cosce tutte uguali
indistinguibili da altri milioni
di cosce.




Verso le sette, Pinca, Pallina e la Bimba, accompagnate alle tastiere da Tina la piovra, si sono esibite in una serie di salti mortali; mentre Pinca faceva la ruota, è stata presa da un violento attacco di tosse ed ha risputato l'armonica che albergava nel suo stomaco...

lunedì 25 maggio 2009

La Casa della Libertà! (post altamente moralistico)

Mi diceva mia sorella Megalo che ha firmato una petizione per sollecitare le dimissioni di Berlusconi e mi ha chiesto di aderire. Io ho aderito, ma con scarsa convinzione. E non già perché io ci tenga a vedere ancora per secoli le gesta del Signore di Arcore e le figuracce che ci fa fare in giro per il mondo, guardi Iddio.
Perché non penso che serva ad alcunché. Io sono con te, le ho detto, ma la vedo male.
Nel senso che Berlusconi è stato votato, e non a caso.
E' stato votato perché la maggioranza degli Italiani è come lui.

Guarda su “Yahoo Answers”, ho esortato Megalo; quanti quesiti di ragazzini che chiedono “quale può essere una facoltà dove si studia poco e che ti permette di diventare ricco”.

Guarda su Facebook, le ho detto (e lei ha soffiato, sprezzante): quanti gruppi ci sono che dileggiano gli autovelox. L’italiano furbo non vuole i limiti di velocità, vuole poter filare via alla velocità che gli pare!
O i T-red. Organizzati, forse, in maniera truffaldina, ma un risvolto buono lo hanno avuto, a Perugia almeno: come son diventati disciplinati, i perugini, dopo una raffica di multe! Eppure, molti hanno protestato. E non tanto (o non solo) perché i T-red erano brighella (cosa vergognosa, non discuto), quanto perché non capiscono proprio l’utilità del semaforo rosso. Il rosso sta là per scassarti le balle, si sa. Mica per impedire che ti sfrancichi contro qualche altra auto o che stiri qualche ignaro pedone.

Guarda quante auto di gente perfettamente in forma parcheggiate negli spazi riservati ai disabili. L’italiano furbo pensa che i parcheggi per portatori di handicap ci siano per rompere i corbelli a lui, che vuol parcheggiare dove cavolo gli pare.

Guarda quanta gente butta le cartacce in terra benché ci siano a poca distanza i cestini dell’immondizia. Figurati se l’italiano furbo fa dieci passi in più per andare a buttare l’immondizia nel bidone, meglio buttarla in terra, no, tanto ci sono gli spazzini, paghiamo già tante tasse, facciamoli lavorare!

Già, le tasse. Vi è mai capitato di andare dalla parrucchiera, dallo specialista, dall’elettrauto… e sentirsi offrire uno sconto per fare a meno della ricevuta fiscale? Il commerciante furbo cerca di non pagarle, le tasse, piange miseria. Il lavoratore pubblico le paga, perché è costretto (mica perché sia la quinta essenza dell’onestà, eh); il privato, spesso, finge di non guadagnare. Fa il nullatenente. A che servono le tasse? A rompere gli zibidei alla gente onesta, ovviamente, mica perché con esse si possono organizzare i servizi pubblici, i pullmann, le strade, la raccolta dell’immondizia …

Temo che l’Italia sia, in larga parte, così. Furbetta, allergica alle regole, legata all'apparenza, ammiratrice dei ricchi e degli arrivisti.

E dei puttanieri.
Prendi la storia dell’onorevole
Carfagna, o della signora Virginia Santjust, o questa faccenda recente di Noemi Letizia, ad esempio, la minorenne che il Presidente del Consiglio avrebbe frequentato – non si sa a che titolo, ma lo si sospetta -: temo che, vere o no, faranno salire ancor più la popolarità del premier, altro che causarne le dimissioni.
Ricco, potente, furbo, ladro e con un sacco di donne... il sogno dell'italiota medio!

Un po’ siamo sempre stati così, noi italiani, ma da una ventina d’anni a questa parte le cose sono andate peggiorando, grazie anche alla desertificazione morale propalata dalle reti Mediaset. Io dico che dopo un terremoto si può ricostruire, dopo una guerra si può ricominciare, ma dopo una catastrofe morale come questa ci vorranno decenni, per risollevarsi. E non sono sicura che noi, in vita, vedremo questo giorno.
Spero di sbagliarmi, sarei felicissima di essere smentita...

venerdì 22 maggio 2009

Il velociraptor fruttariano

Stiamo preparandoci per il favoloso rave party al Centro Sociale di Castiglion Fibocchi! Pinca (o Pallina, ah, saperlo) ha preparato un assolo di armonica a bocca e un pezzo, da lei composto (dice) che s'intitola "Provaci tu" (a far cosa? le ho chiesto; lei è stata elusiva e ha detto che lo scoprirò quella sera). La data dell'evento è il 31 maggio, per cui ci stiamo dando sotto come vortici, e ieri sera alle dieci stavamo ancora provando. Maysa la lince a un tratto ha detto che aveva una fame bestia - come tutti noi, peraltro - e Jerry l'otocione ha detto che aveva un amico che, se interpellato, poteva consegnarci rapidamente delle pizze. Rapidamente quanto? ho chiesto io, mentre un sudore freddo mi ricopriva la pelliccia. Sì, perché Jerry è il segretario dell'associazione "Vivere con lentezza" e, quando dice che farà una cosa velocemente, bisogna rassegnarsi a lasciar trascorrere almeno un lustro.
Comunque, Tina ha telefonato alla pizzeria in questione e ha ordinato la cena. Ci hanno assicurato che le pizze sarebbero arrivate entro una mezz'ora al massimo e tutti abbiamo respirato. Jerry ha detto che le pizze ci sarebbero state consegnate da un suo amico mongolo. Tutti noi, amanti del politically correct, abbiamo rumorosamente protestato contro questa definizione; io ho detto che sarebbe stato meglio definirlo down oppure trisomico, ma Jerry ci ha detto con dolcezza che non avevamo capito una mazza. Il suo amico è mongolo, nel senso che è nativo della Mongolia, ha chiarito. Lavora come pony express la mattina, consegna le pizze il pomeriggio e nei fine settimana canta nei locali. Cosa canta, liscio di Ulan Bator? Mongolia mia, Mongolia in fiore?, ha chiesto Maysa, sarcastica. No, musica italiana degli anni Sessanta, ha detto, serio, l'otocione. Kenny è venuto anni fa a studiare all'Università per Stranieri, si è laureato ed è rimasto a lavorare qui; ama la cultura italiana, pare. In quel momento sulla porta basculante del garage si è udito un forte fragore, la saracinesca si è sollevata ed è apparsa un'orribile creatura dagli occhi rossi e da svariate file di acuminatissimi denti. Urla di raccapriccio si sono levate nel garage e i musicanti sono schizzati via nelle varie direzioni nascondendosi negli anfratti più riposti... tutti tranne Jerry, che è andato incontro alla creatura salutandola con entusiasmo e chiamandola Kenny. La creatura conduceva seco un contenitore riscaldato che ha posato sul tavolo, estraendone otto pizze, un contenitore di patatine fritte, varie posate di plastica e tovagliolini di carta.
"Sei stato velocissimo!" ho alitato io, per darmi un contegno. La creatura ha sorriso - horribile visu - e Jerry ha detto, ridendo: "Kenny è un velociraptor!"
"Un velociraptor?... Credevo fossero estinti 90 milioni d'anni fa"
ha commentato Fulgenzio Plancìade. "Non tutti" ha riso il mostro. A guardarlo bene, non era proprio brutto: aveva di certo un sorriso contagioso. Si è presentato "Mi chiamo Khenebish Tsagaannuur, ma chiamatemi Kenny" e ci ha dato alcuni inviti per andarlo a sentir cantare alla Sagra della Fragola. Quindi è ripartito a razzo ed è sparito all'orizzonte.
"Madonna della Neve, un dinosauro" ha ansimato Kevin Fontecupa. "Lascia stare la neve, tu, che è meglio" lo ha esortato Maysa, agguantando la propria pizza ai quattro formaggi.
"Un velociraptor, Maria Vergine" ha detto Tina, mentre Fulgenzio andava a chiamare Arturo il ragioniere e Lucy K.K. "
Ma non sono tremendamente aggressivi?"
"Beh, suppongo che se glieli fai girare possa essere antipatico, ma io l'ho sempre visto molto calmo"
ha detto Jerry "e
poi non è nemmeno carnivoro, è un fruttariano, mangia solo macedonie..."
"Oddìo, eccone un altro, come Srikant che è vegetariano" ha brontolato Maysa, che nel frattempo si era divorata la pizza e stava attaccando le patatine. "
Sapevo che i velociraptor sono gli animali più pericolosi e carnivori dell'antichità...Quel che mi sorprende, è che possa essere amico tuo un tipo simile. Tu vivi con lentezza, quello fa tutto alla velocità della luce..."
Arturo il ragioniere e Lucy K.K., che ascoltavano mangiandosi due pizze ai frutti di mare, hanno espresso il desiderio di sentirlo cantare e si sono ripromessi di recarsi alla Sagra della Fragola domani sera, dove pare che il velociraptor si esibirà in una serie di pezzi melodici degli anni Cinquanta e Sessanta, dedicati alla frutta...

martedì 19 maggio 2009

Lacrime e sangue


chiesetta viterbo
Inserito originariamente da susannucciauccia

Se ne dicono tante, su maggio. Maggio è il mese delle rose, maggio è il mese delle mamme, maggio è il mese della Madonna. Le parrocchie organizzano gite devozionali nei luoghi di culto, cui molti parrocchiani aderiscono entusiasticamente - più, sospetto, per farsi un viaggetto con modico esborso che per autentica devozione. Ovviamente la "Viaggi senza Ritorno", l'agenzia dell'avvoltoio Sigfrido e della iena Araminta, offre una serie di pacchetti di natura mistica che comprendono visite organizzate dei vari luoghi di culto della nostra penisola con relativa illustrazione storico-artistica ed adorazione di sacre reliquie.
E qui sento l'obbligo morale di aprire una parentesi per ricordare le parole di Aristogìtone il licaone, che sostiene essere la religione cattolica uno dei culti più macabri di sua conoscenza. Adorate un cadavere (egli dice), glorificate una vita di sofferenza, pensate che la morte sia la vera vita, riempite di teschi e tibie le vostre chiese e vi esponete arti troncati, sangue coagulato, ossicini sfranti, cadaverini mummificati dietro teche di vetro e bende scure di sangue secco; e poi cantate inni di gioia. Sentieri di speranza! Cantiamo con gioia al nostro Dio!
Mah.
Ho ripensato alle parole di Aristogìtone mentre leggevo l'itinerario studiato dalla "Viaggi senza Ritorno" per la gita cui ha partecipato anche il ratto Michelangelo Storace detto Er Pantegana. Dunque: prima tappa il Santuario della Madonna delle Lacrime a Trevi; quindi partenza per il nord Italia e visita al suggestivo santuario della Madonna del Sangue di Val Vigezzo. Dopo una breve fermata al Lago d'Orta e all'Isola di San Giulio, la devota comitiva ripartirà per il Meridione d'Italia e più precisamente per la ridente località di Maropati, in provincia di Reggio Calabria, che si fregia di una bella chiesa dedicata alla Madonna del Rosario delle Lacrime di Sangue (tanto per farsi due risate); indi si attraverserà lo Stretto di Messina per recarsi all'amena località Contemplazione del Paradiso e i sopravvissuti punteranno verso la suggestiva Valle Anapo, presso Siracusa, per concludere il loro devoto itinerario al Santuario della Madonna delle Lacrime.
Insomma, o ti disperi o ti dissangui.
Pare che, in una sosta del pio viaggio, qualcuno abbia depredato le borsette che le signore avevano incautamente lasciato nell'autobus per visitare un'antica pieve dedicata al culto di San Crisolfo martire. Scoperto il furto, le religiose donne si sono prodotte in un florilegio di bestemmie osco-sannitiche quali non si udirono mai neppure a Gomorra dopo che Iddio ebbe proceduto alla sua distruzione mediante incenerimento...

lunedì 11 maggio 2009

A tutti i dirigenti della sinistra italiana - e non solo...

Un secondo barcone di sventurati è stato respinto e ricondotto in Libia. Quanti erano? Non è importante. 100,… 20… ,…1, non ha importanza.
Sono stati violati dei diritti e a violarli è stato il governo del nostro paese.
Questi diritti violati costeranno, a povera gente che sfuggiva a guerre, massacri e fame, in alcuni casi tortura e morte. Ho fatto una carrellata veloce e più o meno tutti i dirigenti della sinistra, con toni più o meno diversi, hanno parlato, scritto, condannato.
Non Basta!!!
A fronte di questa infamia c’è un’esigenza precisa, ineludibile: che la sinistra dia una risposta unica e compatta antirazzista.
Non possono esserci distinguo e non può essere una campagna elettorale che spegne il nostro sdegno.
Chiedo che questo appello venga raccolto e si concretizzi nel giro di poco tempo nella risposta della Sinistra italiana - e non solo - contro razzismo e intolleranza e per ristabilire i diritti di asilo e di accoglienza.
P.S. Chi condivide questa richiesta copi e incolli sul proprio blog il post senza aggiungere o togliere nulla. E’una richiesta minima ma di enorme significato. Facciamoci sentire tutti insieme in un’unica manifestazione o in cento città contemporaneamente.

venerdì 8 maggio 2009

Chi vive in quella casa?...


simignano rudere
Inserito originariamente da susannucciauccia

Scubidù il furetto aveva chiesto ad Edoardo di accompagnare lui e Asiak all’agenzia immobiliare ieri pomeriggio, dove avevano appuntamento con la gatta Luminitsa Blerinca che doveva mostrar loro una casa. Sosteneva il furetto che Luminitsa innervosisce Asiak. Innervosirebbe anche me, ha commentato mordace mio fratello, con quella faccia da spaventapasseri. Edoardo, oltre ad essere malevolo di suo, soffre di fegato ed è sempre perennemente a stecchetto, sicché non prova molta simpatia per chi con determinazione – dice lui – sceglie di non mangiare. E’ anoressica, gli ho detto io, ma il fascistaccio si è limitato a sbuffare, sprezzante.
In seguito, però, il mio povero fratello ha dovuto declinare l’invito, a causa di una spondilite che lo intralcia non poco nel suo lavoro di avvocato intrallazzatore. Ha limitato i processi in Tribunale e riceve in casa, ma fa una compassione vederlo trascinare la coda e le zampe posteriori… La Mamma gli ha riempito la casa di tappeti pseudo-persiani per evitargli di scivolare sulle piastrelle. Mi fa così pena che nemmeno ci litigo più: mi limito ad accennare un ringhio poco convinto ogni volta che mi passa vicino.
Allora Asiak e Scubidù si sono rivolti a mia sorella Megalo, che ha accettato di accompagnarli alla casa che proponeva l’agenzia: una suggestiva casa-torre con giardino e deliziosi rampicanti che ne abbelliscono le linee severe. La melanconica Luminitsa stava aprendone la porta quando Megalo, il furetto e la visoncina sono arrivati con il Suv di mia sorella.
Il corridoio era pulito, ma gelido e vi ristagnava un odore strano. Persino la scheletrica Luminitsa ha cominciato ad annusare l’aria con espressione perplessa. Asiak si è stretta nel giaccone rifiutandosi d’andare oltre, il furetto e Megalo sono andati avanti, mentre Luminitsa tentava invano d’accendere la luce, che, a quanto pareva, s’era fulminata.
All’improvviso un coro di voci ha cominciato a scendere dall’alto, facendo venire un infarto del miocardio a tutto il branco.
Vi ammalerete!
Vi ammalerete!
Vi ammalerete!!!!…..


I quattro si sono guardati allibiti. Intanto il funereo coro si avvicinava insieme ad un folle sbatter d’ali.


Dolore dolore dolore dolore doloreeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!!!
Depressione depressione depressione depressione depressione depressione!!!!!!!

Già provveduto, grazie” ha borbottato Asiak, mentre uno stormo di creature volanti li circondava in una sarabanda demenziale.
Ma questi che vogliono?….” ha ringhiato Scubidù.


Sarete oggetto di mobbing!
Rimarrete soli!
Tutti vi disprezzeranno!
E tu, gattina grigia, morirai d’inediaaaaaaaaaa!!!!!

Ma ve la volete pigliare in culoooooooooooo?” ha strillato Megalo inviperita, quindi ha spiccato un salto e ha acchiappato una di quelle pennute creature. A questo punto, gli altri si sono fermati con gran frullio d’ali e si sono posati nelle varie feritoie della casa.
Gufi!” ha esclamato Luminitsa. “E come te sbagli?” ha borbottato Scubidù. Luminitsa li ha guardati con una certa malevolenza e ha detto qualcosa in rumeno, ma il gufo agguantato da mia sorella le ha detto in italiano che venivano dall’Ucraina. Ha spiegato quindi che, non avendo soldi sufficienti a pagare l’affitto, avevano deciso d’occupare la casa-torre, per lo meno sino a quando non fosse stata affittata.
Beh, direi che potreste anche levarvi di torno, come cosa” ha concluso Luminitsa. Il gufo le ha lanciato uno sguardo derisorio.
Non penso che camperai tanto a lungo per vederci andar via, tu….”
E voi state attenti” ha aggiunto un altro, appollaiato su una trave “quando arriverete al passaggio a livello… sempre che non vi schiantiate prima. E se la vostra auto grippasse proprio in mezzo alle rotaie quando sta per arrivare il treno? Da qui passa l’ETR, come forse non sapete…”
Sa te fut in cur” ha ringhiato Luminitsa – senza disturbarsi a tradurre, tanto riteneva che il significato fosse intuibile.
In culo te la prendi tu” ha chiosato un terzo gufo. “Voi ricconi, col vostro Suv… tanto ti si romperà per strada, sorella… scommetto che lo usi in città per salirci sui marciapiedi, tutti uguali, voi dell’alta società…”
“Sono comunista, io
” ha soffiato Megalo.
Ma meglio!” ha ululato un quarto gufo “Ci hai ancora poco da divertirti, alle prossime elezioni vincerà la destra anche da te!”
“Questa è un po’ pesa”
ha bofonchiato Asiak, ed è uscita di corsa seguita dagli altri, mentre da dentro la casa-torre le voci in coro ripetevano: “Morte! Morte! Morte!!!!!!…..” con grandi scrosci di risate.
Questa casa non mi piace” ha dichiarato il furetto.
Ditemi che è stata un’allucinazione, vi prego” ha implorato Asiak.
E’ stata un’allucinazione” ha confermato Megalo. E così rassicurati, sono andati a vedere un’altra casa nei pressi.

mercoledì 6 maggio 2009

Pinca, Pallina e l'entomologia

Oggi pomeriggio un ronzio alquanto sinistro disturbava la mia pennichel… i miei studi profondi sul Genius loci. Il minimetro non poteva essere, qui siamo in campagna, la strada provinciale è lontana… Mi affaccio e vedo Pinca e Pallina in terrazza in precario equilibrio sopra uno scalandrino; le due inquietanti piccine fissavano concentrate un angolo del balcone, munite ciascuna di una lente d’ingrandimento, I loro ricciuti capini erano aureolati da una dozzina di bestiole dorate, svolazzanti e ronzanti.
Uno sciame!
Da sotto, Arturo il ragioniere e Lucy K.K. le stavano fissando.
Pinca e Pallina sbuffavano e brontolavano mentre si sporgevano ad esaminare da vicino le api – mentre da sotto Lucy prediceva loro una prossima e precipitosa fuga dallo sciame imbelvito – ed emettevano strida di disappunto per qualcosa che, a loro parere, avrebbe dovuto esserci e non c’era... La Bimba, da dentro casa, sghignazzava.
Sempre le loro ricerche di scienze” mi ha spiegato, con aria di scherno. “La maestra ha detto loro di fare una ricerca sulle api e loro stanno cercando la regina. E s’incazzano perché non la trovano
Quando ho voluto sapere che competenza avessero le due piccole nel riconoscere l’ape regina, la Bimba ha sogghignato. “Semplice, stanno cercando quale delle api ha la coroncina e lo scettro, no?”
Gott in Himmel” ho detto io, allibita. In quel mentre un urlo selvaggio ha frantumato la quiete rurale e si è visto, nell’ordine: Pinca e Pallina che rotolavano dalla scala con gran rumor di ferraglia; Arturo che saltava dalla terrazza, atterrava con un tonfo nel cortile e si lanciava giù per la strada ululando e scomparendo alla vista, inseguito da uno sciame d’api imbufalite; Lucy K.K. che correva dietro allo sciame avvolta in un canovaccio per asciugare i piatti e munita di un colapasta per catturarle.
A quel punto, ho deciso che era stato un sogno e sono tornata a ronf… a studiare per la tesi…

lunedì 4 maggio 2009

Indoeuropeo, la lingua delle stelle

La mia amica Maddy è docente di storia indoeuropea.
Mi piacciono le parole indoeuropee: non se ne sa gran che, molte sono state ricostruite facendo la media delle parole nelle varie lingue d'Europa e, per far capire che non sono tratte da alcun testo, ci si mette accanto un asterisco (*memso).
Maddy ha scritto un libro che s'intitola L'indoeuropeo, la lingua delle stelle.
E nell'introduzione ha citato una poesia. Anonima, sostiene lei; secondo me è sua, ma lei dice di no...

La lingua delle stelle

Parole indoeuropee
parole stellate
parole mute
aurora bianca
alba europea

silenzio
fiori dalle rupi

profumo tenue
di pietra

sabato 2 maggio 2009

La beata Sluminga da Gottinga, i simboli fallici e gli hot-dog

Stamattina sentivo il Bimbo che, al piano di sotto, cantava:



Estaba la beata un dia
enferma del mal de amor
él que tenia la culpa era el fraile confesor

Ho riconosciuto una canzone del povero Victor Jara e sono stata assalita dal forte sospetto che il Bimbo stesse ancora studiando le vite dei Santi… Infatti così era: stavolta stava scrivendo la recensione di un testo risalente all’Anno Mille (penso avesse i microfilm, dubito assai che glielo abbiano dato in prestito, specie con la Bimba che si aggira nei dintorni) dedicato alla vita e alle pie opere della beata Sluminga da Gottinga (tutti lui, li trova).
Il testo è intitolato De beata Sluminga quae penes ubique videbat… ovvero La beata Sluminga che vedeva cazzi in ogni dove. Vi si narra della vita della povera pastorella Sluminga, nata circa nel 950 in terre germaniche, in un miserando abituro che condivideva con il padre, coltivatore di senape, e otto fratelli che, sostiene l’ignoto autore, bis in diem quandoque bini de illa uti erant… ovvero la violentavano una volta al giorno, uno alla volta e talora anche in coppia (ci credo poveraccia che vedeva bischeri dovunque, mi son detta). All’età di tredici anni l’infelice pischella, che mangiava minestra di radici selvatiche e insalata di trifoglio una volta alla settimana e che sognava sempre fave, piselli, cetrioli e zucchine, ebbe la gioia sovrannaturale di vedersi miracolosamente apparire San Sughero piangente sopra l’abbeveratoio delle pecore. Il Santo le consigliò di allontanarsi dalla sua mefitica famiglia (grazie al cavolo, ci voleva l’intervento divino, glielo dicevo io gratis), di darsi a una vita di penitenza e di percorrere l’Europa per estirpare, dovunque fosse, il Maligno sotto forma di membri virili, sia autentici sia in effigie.
La fanciulla obbedì e, per espiare le sue colpe, prese a spalmarsi sul corpo gran copia di senape piccante, quindi si dedicò gagliardamente alla caccia al pisello. Ovunque scorgesse qualche fallico simulacro, lo seppelliva immantinente sotto palate di senape piccante finché miracolosamente il sordido oggetto non scompariva e la folla ignara gridava al miracolo.
Giunse una sera presso una stazione di posta in terre bavaresi, dove laidi avventori tracannavano birra in sbreccate terraglie di coccio, e vide l’oste intento ad arrostire delle lunghe salsicce di forma cilindrica; scorgendo in esse salsicce simboli fallici, la pia fanciulla si dette ad urlare invocazioni al suo Santo protettore (la cui effigie portava sempre in seno) e cominciò a gettar palate di senape piccante sopra gli osceni oggetti. Il caso volle che l’oste in questione, un pagano alieno da qualsivoglia timor divino (ma non di birra, evidentemente), invece di gridare al miracolo, brandisse lo spiedo che usava per i polli ed inseguisse l’infelice in mezzo alle case diroccate del paese fino a che non l’ebbe infilzata come un porchetto e lasciata del tutto priva di vita; dopo di che, lanciando invettive alla povera martirizzata (in cui parve agli avventori di capire “ Grosses Arschloch " e "il budello di tu’ ma’ cane morta e viva nel casino…") servì ugualmente in tavola le salsicce così sconciate, che tuttavia grande apprezzamento riscossero fra gli avventori della sinistra taverna….

martedì 28 aprile 2009

Le vite dei Santi: il beato Sbardellotto da Sigmaringen


santino sbardellotto
Inserito originariamente da susannucciauccia

So che il Bimbo è decisamente ateo, pertanto grande è stata la mia sorpresa quando ho visto che studiava le vite dei Santi. Ha avuto una folgorazione sulla via di Damasco, ho pensato; ho in seguito compreso che non è per religiosità che si è dedicato a tale argomento, anzi, per l’esatto contrario. Ciò che lui vuole dimostrare è che santi e beati erano in larga parte un campionario di disturbi di personalità di vario tipo (dalla personalità istrionica di Giovanna d’Arco ai disturbi alimentari di Caterina da Siena, dall’isterismo di Padre Pio da Pietrelcina ai disturbi sessuali di Santa Melania minore) e che, in maggioranza, sono stati santificati per motivi bassamente politici. Quando io ho provato a salvare almeno San Francesco d’Assisi o Madre Teresa di Calcutta, il Bimbo ha bofonchiato qualcosa del tipo aspetta e vedrai, ma per lo meno non ha espresso giudizi eretici né me li ha smontati.
Il ponderoso testo che sta leggendo adesso s’intitola Il beato Sbardellotto da Sigmaringen: una vita per la temperanza, Accademia degli Smandrappati, Bassano del Grappa, 1655. Vi è narrata la vita del beato in questione: rampollo di un’agiata famiglia di onesti birrai la cui specialità era la Cervogia insaporita con erba diossina e metanolus vulgaris, sin da piccolo si mise in urto con i bravi parenti praticando fori nelle immense botti della paterna osteria ed allagandone i locali, mentre al contempo urlava esortazioni alla penitenza (“De cornutissimis mortuis tuis!!!”), fino a che decise d’intraprendere un pellegrinaggio che lo portò in terre venete, dove, credeva, avrebbe trovato un terreno fertile per la sua predicazione di temperanza. Non trascurando peraltro la cultura classica nella quale era particolarmente versato, chiosò il Somnium Scipionis, ma la pregevole opera fu lasciata incompiuta in quanto si addormentò a metà libro.
Giunto in quel di Bassano del Grappa fece molto parlare di sé in quelle oneste contrade per un miracolo che richiamò gran copia di fedeli: la trasformazione del vino in acqua… L’evento miracoloso inspiegabilmente gli aizzò contro la collera degli osti locali, i quali lo martirizzarono annegandolo in una botte di Recioto di Soave, incuranti delle sue esortazioni alla penitenza e delle sue parole di perdono (“De mortaccis tuis, fili de la gran puta, culattonibus raccomandatibus, porcus singularis ingrifatus vos inculaverit, fili de la gran bagassa sfonnata!!!”)…

sabato 25 aprile 2009

Pinca blues


Pinca blues
Inserito originariamente da susannucciauccia

Non c’è un suonatore d’armonica a bocca né fra i Licaoni né fra gli Otocioni.
Non ho mai nemmeno capito come si faccia a far suonare quell’attrezzo infernale e, dopo l’esperienza delle gemelle Pinca e Pallina, ne capisco ancor meno.
Arturo il ragioniere ha loro proposto di dare un senso alle loro vane giornate imparando a suonare uno strumento. Detto fatto, non avendo le due pargole gusti musicali precisi (e non solo musicali, mi duole dirlo), si è posto il problema della scelta dello strumento ed è cominciata la ridda della consultazione di libri relativi e del loro subitaneo rifiuto. Il pianoforte no, è troppo ingombrante; l’organo a canne peggio che andar di notte; il violino è troppo pesante per i delicati omeri; la tromba le sfiaterebbe, la grancassa sfiaterebbe i condomini (dalle urla di raccapriccio, presumo), il didjeridoo fa gelare il sangue nelle vene, il violoncello è minaccioso, la chitarra ti stronca i polpastrelli, il flauto dopo un po’ avrebbero cominciato a fracassarselo vicendevolmente in testa. Il clavicembalo sembra una chitarra che abbia ingoiato del vinavil, la celesta a lungo andare scatenerebbe istinti omicidi. A lungo hanno esitato tra il sistro egizio e l’armonica a bocca; hanno infine optato per la seconda ed hanno cominciato a prender lezioni da un signore che abita nella strada e che si è assunto l'ingrato compito.
L’esperimento è apparso fallimentare sin dalle prime lezioni, ça va sans dire. Il demoniaco attrezzo non emetteva suoni per quanto le due piccine vi soffiassero dentro con inesausta gagliardia. Quando il Maestro ha esortato Pinca (sempre che di Pinca si trattasse, va’ a sapere) ad espirare e poi ad inspirare, Pinca non ha trovato di meglio da fare che ingoiarsi l’armonica e questa è stata la fine delle lezioni di musica. (Pallina aveva già da tempo lanciato l’insano strumento sul tetto scoccandovelo con l’arco).
Quando però la Bimba ha fatto presente che forse sarebbe stato il caso di portare Pinca al Pronto Soccorso per farle la lavanda gastrica, Pinca si è opposta energicamente, assicurando che l’armonica nello stomaco non le crea alcun problema, che anzi, così la suona molto meglio; “aveva ragione il Maestro, basta espirare ed inspirare!” ha dichiarato allegrissima, dando subito un saggio della sua abilità ed emettendo suoni cavernosi, ma non privi di musicalità.
Ha financo promesso, per il prossimo fine settimana, di venire a suonare con gli Otocioni un pezzo rock blues di sua creazione, al Centro Sociale di Castiglion Fibocchi…

sabato 18 aprile 2009

I vasi comunicanti


bimba cattivissima
Inserito originariamente da susannucciauccia

Pinca e Pallina sono due amiche della Bimba.
Già io ho il vago sospetto che la Bimba sia scema, oltre che un tantinello teppista (e più scemo il Bimbo che le dà retta, ma tant’è); ma in confronto a Pinca e Pallina potrebbe financo apparire geniale. Durante le vacanze di Pasqua, io vedevo Pinca e Pallina dalla finestra che ciabattavano inanemente per il cortile, Pinca infastidendo Arturo il ragioniere e Pallina girando in cerchio e trascinandosi dietro una canna estirpata dal vicino stagno. E non è che entrambe le attività mi apparissero di quelle che sarebbero passate ai posteri.
Un giorno però le ho viste trascinare seco due brocche di terraglia, evidentemente comperate al mercato, portarsele in garage, metterle l'una dinanzi all'altra sopra un tavolo e sedersi immobili a fissarle per gran parte del pomeriggio. Le sentivo infine lagnarsi di qualcosa che sembrava non andasse per il verso giusto. La Bimba ha chiesto a Pinca cosa l’affliggesse (almeno suppongo fosse Pinca... nessuno sa distinguerle l’una dall’altra, nessuno sa quale sia Pinca e quale Pallina; interrogate, nemmeno loro hanno saputo precisarlo). La bambina le ha spiegato che stavano facendo un esperimento di fisica assegnato loro come compito dalla maestra, ma che non riusciva. Che esperimento, ha voluto sapere la Bimba. I vasi comunicanti, ha risposto Pinca – o Pallina, quién sabe. Avevano messo due vasi l’uno di fronte all’altro sulla tavola ed aspettavano che comunicassero in qualche modo – che ne so, che si presentassero, che parlassero tra loro, che facessero amicizia -, ma le due stramaledette terraglie se ne stavano lì ferme e immobili, manco fossero di coccio. La Bimba si è grattata la zucca e ha convenuto che l’esperimento era realmente difficile, mentre il Bimbo e il ragioniere, a latere, si stavano smascellando dalle risate per ragioni sconosciute.


Il ragioniere, poi, è uscito per accompagnare Asiak e Scubidù all’agenzia immobiliare dove lavora la gatta Luminitsa, nell’inesausta ricerca di una casa nuziale.