sabato 30 agosto 2008

Tarquinius detective - La rivelazione

Finalmente Ibadeth e Tarquinius si sono decisi a raccontarmi la conclusione del giallo di Civitella Plestina.

Ricordate? La signora Miranda Vescovo, allevatrice di visoni di Civitella Plestina, è stata uccisa a coltellate una notte nella sua fattoria. Sono sospettati l’artista africano Joel Modou, proprietario di un atelier di arte tribale, e la nipote della donna, Marta Elena Zanibellato.

Joel Modou è sospettato per due motivi:

1) è negro (e questo di solito basta per ascrivergli le turpitudini più infami);

2) è andato al Pronto Soccorso per farsi medicare una grave contusione provocata, a suo dire, dalla caduta di un pesantissimo quadro della sua galleria (laddove, invece, i magistrati sospettano che la Vescovo, in articulo mortis, gli abbia lanciato una mietitrebbia).

Marta Elena Zanibellato è sospettata per tre motivi:

1) è omosessuale (e questo è, di per sé, indice di grave disordine mentale e sregolatezze assortite);

2) fa parte di una setta religiosa fondamentalista cattolica nomata “La gaya religione”, che propugna un ideale di vita omosessuale come mezzo per accostarsi maggiormente alla sacralità del divino;

3) è l’erede universale dei beni della zia.

Questa era la situazione. Ma le indagini ufficiali si erano arenate perché le uniche impronte rinvenute nell’abitazione della Vescovo erano di animali; per cui gli inquirenti non l’avevano ritenuta una pista praticabile… Senonché, la sera dopo l’efferato delitto, il campanello di casa di Tarquinius e Ibadeth aveva squillato e alla porta si era presentata Asiak.
Asiak era un’amica di Tarquinius. Si erano conosciuti all’Ufficio Immigrazione, mentre facevano la coda per il permesso di soggiorno, ed avevano ottenuto entrambi un lavoro temporaneo presso una ditta marscianese di mobili da giardino; poi si erano persi di vista, perché Asiak aveva risposto ad un annuncio per un lavoro nel folignate. Il lavoro, aveva riferito a Tarquinius, sembrava buono: era nel campo dell’abbigliamento (Asiak è sarta, lei si definisce "stilista"), presso una ditta che produceva capi invernali…
Un allevamento di visoni!!!
(E Asiak è un visone, naturally).
Che dire? Dopo inenarrabili sofferenze, appelli alla Protezione Animali, al WWF, alla LAV, alle Giubbe Rosse e alle Tigri Tamil, Asiak e altri cinque visoni avevano preparato un ammutinamento contro la feroce Miranda Vescovo, che era terminato con la sua eliminazione fisica e con la fuga corredata da sbandamento di tutto il branchetto….

E a questo punto si è posto il problema etico.
Hanno Asiak e i suoi amici fatto bene ad assassinare l’allevatrice di visoni?
Io dico di no. Sono contro la pena di morte, io. Sempre e comunque. Senza se e senza ma.
Ibadeth dice di sì. Anche lei è contro la pena di morte, ma sostiene che in questo caso non si poteva fare altro. Ci sono alcune categorie, dice (gli omosessuali, gli albanesi, gli zingari, i visoni…) la cui sorte non interessa a nessuno…
Che ne dite?

venerdì 29 agosto 2008

Gatti anti-rusco


monnezza1
Inserito originariamente da susannucciauccia

E chi dice che noi gatti non abbiamo senso civico, lo scortico!
Guardate che variopinto manifesto i Gatti anti-Rusco hanno affisso a Napoli in Corso Umberto.


State unendo le dita?
State ruotando le falangi?

mercoledì 27 agosto 2008

Secondo natura?...


secondo natura e susanna
Inserito originariamente da susannucciauccia


Parafrasando il titolo d’un deprimente romanzo di Fernanda Pivano (dal titolo Cos’è più la virtù) m’è venuto da chiedermi “Cos’è più la femminilità?”. Per voi umani, naturaliter; i gatti questi problemi non se li pongono. In un’epoca come la presente, in cui – almeno apparentemente – sembrano superati gran parte degli stereotipi legati al genere, ha ancora senso parlare di atteggiamenti tipicamente maschili o squisitamente femminili, di sentirsi uomo o sentirsi donna?
Certa del fatto che trattasi se va bene di domanda retorica, se va male di interrogativo esistenziale senza capo né coda né risposta passabilmente intelligente (del tipo, per intenderci, “Qual è il senso della vita?” oppure “Chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo?”- e soprattutto, aggiungo io, “Ci sarà posto?”) e sperando di trovare una risposta illuminante, mi sono riletta il romanzo-denuncia di Laura Paoloni, Secondo natura, edito da Tullio Pironti nel 1987.
L’autrice era (nel frattempo molta acqua è passata sotto i ponti) la compagna di Gabriele Anderini, ex-Rosalba, il transessuale perugino che alla fine degli anni Ottanta fece molto parlare di sé per essere stato/a il primo/a, in Italia, ad aver osato dichiarare pubblicamente il dramma della propria diversità. E qui diventerò retorica, temo; trappola inevitabile quando si viene a parlare di problemi sociali. Di problema sociale si tratta, infatti, e non di un romanzo intimista sul privato dramma di Anderini Rosalba, teso a solleticare la curiosità più o meno morbosa di tanti fruitori del libro sensazionale; di una dichiarata denuncia dell’emarginazione in cui si trova rinchiuso il “diverso”, anzi, il più diverso dei diversi, il transessuale o transgender – e chi sceglie di condividere la sua sorte.
A scanso d’equivoci, chiarisco subito che, per quanto mi concerne, l’enigma-Gabriele (Enigma era il primo titolo del romanzo) tale era e tale è rimasto. Per me, almeno. Sarà che sono una gatta, ma mi sfuggono i termini del problema. Che cosa abbia spinto Rosalba Anderini a percorrere il calvario (perché di vero e proprio calvario si tratta) che la avrebbe condotta alla tanto sospirata identità maschile, ebbene, io non l’ho capito. E non perché io giudichi le scelte altrui: mi chiedo solo che cosa hanno i maschi di tanto migliore delle donne da spingere una donna a volerlo diventare, a costo di inenarrabili sofferenze. E se è per questo, che cosa ha uno qualsiasi dei due sessi di migliore dell’altro?… Confesso di aver pensato, ad un certo punto, che Rosalba Anderini avesse voluto passare dalla parte del più forte una volta per tutte, per eludere la faticosa, scomodissima ed infinita lotta delle donne; ma dopo la lettura del romanzo l’ho escluso; e mi sento di poter escludere anche qualsiasi malafede del personaggio: Rosalba ha portato avanti il suo progetto in piena consapevolezza e buona fede. Ma vediamo come.
Il romanzo ripercorre, in prima persona, la vicenda di Rosalba sin dall’infanzia perugina, quasi felice, passata sulle strade dei quartieri del centro storico negli anni Cinquanta. Famiglia povera, ambiente ristretto, madre affetta da tirannico vittimismo (fallica, direi), sorella frivola ed incomprensiva e tenerissima figura paterna che però risulta piuttosto assente (“Il babbo ci lascia libere di fare quello che vogliamo, mica come la mamma…”), prima per motivi di lavoro, poi per definitivo allontanamento fisico (cacciato di casa per la relazione con una “donnaccia”, muore poi miseramente in ospedale). Sarà stato, per dirla in termini psicanalitici, il confronto tra le negative figure donnesche – che cercano d’imporre a Rosalba una femminilità tradizionalmente intesa – e la figura maschile apparentemente più positiva che provoca i primi malesseri della bambina e le fa balenare l’idea di una certa superiorità dell’uomo? Sta di fatto che Rosalba mostra, almeno nella prima parte dell’opera, d’identificare la donna con la compostezza, la sottomissione, la fragilità, la cucina ed i lavori di cucito; e l’uomo con la forza, la sicurezza, la vivacità, le cose più divertenti (“sembri un maschiaccio, vuoi sempre fare il capo”). Rosalba mostra di aver recepito ed assorbito prefigurazioni tradizionalmente codificate… e percorre tappe più o meno scontate: scuola, collegio, innamoramenti – sempre di ragazze -, che tenta di contrastare con l’auto-imposizione di una identità “femminile” con tanto di abiti civettuoli, tacchi a spillo e frequentazione di uomini. Alfine il matrimonio, con tale Aldo dipinto come un bieco figuro, impostosi per sfuggire alla folle passione per una insegnante; la vita della casalinga, due figli non voluti, i contrasti col marito padrone e la suocera borghese; la laurea in sociologia, il lavoro – esaltante, almen quello – in un carcere a Roma. Ciò che giganteggia sullo sfondo è l’Io-narrante; sembra che le vicende, i discorsi e gli altri personaggi spuntino all’orizzonte e gli girino attorno come un incubo. Il dialogo interno è pressoché ininterrotto, non è che manchino i discorsi diretti, ma sembra che ci sia scarsità di scambio di battute fra il protagonista e gli altri; voci e volti come uno schermo che gli/le fila davanti a gran velocità.
Poi Rosalba incontra Laura, una ragazza della ricca borghesia perugina, che scrive; e se ne innamora quasi subito. E’ Laura che propone la sua verità: Rosalba non è lesbica, Rosalba è un uomo, intrappolato in un corpo femminile. “Con il viso che hai, e l’animo di un angelo, io ti chiamerei Gabriele, messaggero di Dio, e non per un senso ‘chiesastico’, ma solo perché gli angeli non hanno sesso…”. E qui cominciano i dolori, perché Rosalba va a vivere con Laura e chiede il divorzio da Aldo, il maritaccio; i figli sbalorditi e sconvolti (ci credo, due babbi e manco una mamma), la città che bolla le due amiche come omosessuali e le fa oggetto di persecuzioni, morali e talora fisiche, a non finire. La Mamma, che all’epoca era amica di Laura, me l’ha raccontato: topi morti nella cassetta della posta, gomme squarciate, articoli velenosi sui giornali locali…E Gabriele, nelle numerose interviste che rilascia (al programma di Maurizio Costanzo, da Enrica Bonaccorti), rifiuta di considerarsi omosessuale.
Omosessuale è un uomo che ama gli uomini, o una donna che ama le donne. Ma la vera lesbica, pur amando le donne, si sente donna, è contenta di essere donna” spiega. “Io odio il mio corpo di donna, mi sento uomo, voglio essere uomo…”
Ma perché?
Perché non accettare la propria sessualità? Capisco l’omosessualità; sei uomo e ti piacciono gli uomini, e mi sta bene, ma perché squarciarsi e sbudellarsi, oltre che farsi ridere dietro da tutta la nazione, per aspirare ai ruoli e ai privilegi dell’altro sesso?
Qual è stata la molla che ha spinto Rosalba a non accettare la sua identità e la sua omosessualità? La negatività delle figure femminili che ha conosciuto sin da piccola? O la ristrettezza, l’arretratezza mentale dell’ambiente, che talvolta ancora oggi, quando si trova davanti a una donna intelligente, vivace, coraggiosa, decisa, sostiene che “doveva nascere uomo”? Laura diceva che magari, se Rosalba fosse stata educata in maniera più liberale, avrebbe forse accettato la propria sessualità, e che è un fatto provato che parecchi transessuali vengono da substrati poveri ed arretrati…
Forse. Giacché molti uomini e donne crescono in ambienti sottosviluppati e degradati, ma non tutti vanno incontro ad un destino tanto bizzarro. Una cosa, però, è certa: si tratta di un problema che va rispettato, anche quando (come nel caso mio) non venga compreso, e che deve trovare una soluzione, in quanto il caso di Rosalba-Gabriele non è isolato. Benché oggi, a quanto dice la Mamma, faccia meno scalpore, sia l’omosessualità sia il transessualismo. Meno male, dico io.
La storia di Gabriele è narrata con delicatezza, senza morbosità, chi si aspetti di trovarvi scene erotiche sta fresco; e non è nemmeno privo di spunti comici e di qualche caduta nella retorica sociologica, specie nella seconda parte. Laura Paoloni, la donna di cui la Mamma ha perso le tracce da anni, non era nuova alla scrittura: prima di Secondo natura, aveva pubblicato due raccolte di poesie dal titolo Pelle di luna e Momenti di lotta...

A proposito (... di che?...): ma questo non è il centesimo post?

Auguri a me!

lunedì 25 agosto 2008

Etnomusica sulla spiaggia

Etnomusica sulla spiaggia! Molti enti locali d’Italia hanno organizzato, in quest’estate smaltata, serate e concerti dedicati alla musica e alla cucina del mondo… forse tentando di resistere alla marea montante di razzismo che sta lentamente sommergendo la penisola? Se è così è lodevole, ma penso che ci voglia ben altro…
In tutti i modi, ho passato qualche giorno sulla riviera romagnola con i “Licaoni", che erano stati ingaggiati dal Comune di Valleazzurra per suonare, udite udite, musica albanese. Ammaestrati da Ibadeth, manco a dirlo. Sì, lo so che non siamo albanesi al cento per cento, ma se è per questo un mese fa ho assistito ad un concerto di musica sufi tenuta da un gruppo d’italiani… e solo una musicista era persiana… per cui mi son detta: nella vita è tutta question d'immagine (come dice Srikant il pitone), dunque, perché i Licaoni non possono suonare musica albanese ed avviare un progetto di studio relativo alla diffusione delle sonorità shqiperi?… Il licaone Aristogìtone, il pipistrello Filòstrato e Tarquinius il suricate mi hanno guardato con un certo scherno, dopo di che Aristogìtone ha sogghignato “Le sonorità shqiperi… nel mio carnet mancavano”; Filòstrato ha borbottato “Ma va’t’embora” (o qualcosa del genere: dubito che sia un complimento, però); Tarquinius ha detto che bastava gli dessero lo spartito e lui suonava anche l’inno nazionale della Repubblica di Cospaia. Detto e fatto: Ibadeth ci ha insegnato cinque pezzi folkloristici albanesi e Tina la piovra, percussionista d’area otocionica, ci ha preparato un pieghevole esplicativo, aiutata da Ben e Dan di Beautiful Colors.
Abbiamo suonato la sera sulla spiaggia, sotto la luna, mentre fra gli ombrelloni e i lettini giravano caraffe colme di liquidi ambrati e fruttati che si accendevano di riflessi d’oro sotto la luce delle lampade colorate. Alla fine del concerto è venuto a congratularsi con noi mio fratello Edoardo, l’avvocato, che aveva portato seco un amico. Edoardo che si complimenta con noi? Impossibile! E infatti c’era la trappola: egli è sarcastico, come si sa, e si è complimentato con noi più per il coraggio che per l’eccellenza dell’esecuzione, figurarsi. Noi ci siamo tuttavia accontentati e lui ci ha presentato il suo amico, un furetto di nome Annibale Bellassai, detto Scubidù, che ha fatto subito amicizia con me (specie dopo che gli ho offerto uno spinello di eccellente fattura). Mi ha raccontato che deve molto a Edoardo e, quando io l’ho guardato allibita, ha chiarito che lo ha tirato fuori un paio di volte dalla prigione. Sì, perché Annibale Bellassai detto Scubidù era stato un ladro, convinto che avrebbe potuto facilmente farla franca dopo i suoi furti grazie ad una mascherina bianco-nera… che però non si toglieva mai perché, ovviamente, faceva parte della sua fisionomia. Non dev’esser tanto lesto, questo qui, ho pensato fra me e me; ma non ho espresso ad alta voce tale irriguardoso pensamento… Scubidù ha continuato a raccontarmi che Edoardo aveva assunto la sua difesa ed era riuscito a fargli avere una condanna molto mite (sì, per insufficienza mentale, ho pensato io). Dopo essere uscito di galera, Scubidù ha cominciato a guadagnarsi da vivere noleggiandosi come stola di pelliccia per le signore d’alta società eleganti ed animaliste; pare che sia molto richiesto, che si faccia pagare cifre esorbitanti (ottanta euro a serata, cento se è richiesta la fattura) e che mangi pure a sbafo, perché durante i ricevimenti spesso la signora che se lo avvolge intorno al collo gli allunga noccioline, crostini al tartufo e talvolta anche cosciotti di pollo, che lui sbocconcella con suprema eleganza senza far cadere neppure una briciola…

mercoledì 20 agosto 2008

Cosa dice l'Observer di noi?

Leggete, vi prego, la traduzione di un articolo dell'Observer (riferita dal Russo) relativa alla vicenda - su cui, credo, non ci siamo abbastanza indignati - delle due bimbe rom annegate qualche settimana fa (e della cinica indifferenza dei bagnanti alla presenza sulla spiaggia delle loro spoglie mortali coperte da due teli...) .
Le coscienze sono addormentate?
Le coscienze sono in coma etilico, altro che.

martedì 19 agosto 2008

E lucean le stelle...


Durante la vacanza di Ibadeth e Tarquinius, i "Licaoni del Liscio" hanno fatto a meno di violino e fisarmonica. Il che significa che non hanno fatto una mazza: con solo il flautista (Filostrato), il percussionista (Aristogìtone) e me alla chitarra, il liscio viene male. Ci siamo esibiti solamente presso il "Circo delle Grandinate", una formazione assai alternativa, che di solito non riscuote molto successo nelle campagne, chissà perché, ma richiama una variopinta fauna di sballoni, fricchettoni e operatori para-farmaceutici (leggi spacciatori) di varia estrazione.
Alla fine, dunque, l’ineffabile coppia suricate-ramarra è tornata alla base. Sulla via del ritorno dall’Albania, Ibadeth ha insistito per andare al mare e Tarquinius, seguendo una freccia scalcagnata che recava inciso "La strada del mare", si è addentrato nei boschi con la sua potente Ami-8 e si è ritrovato, a notte fonda, sull’autostrada della Versilia.
Esattamente dall'altra parte dell'Italia.
Come cazzo avranno fatto, diceva una canzoncina che, anni fa, parodiava la nota e sfigatissima "Albergo a ore".
I due cascavano dal sonno e ad un certo punto Tarquinius è stato svegliato da un urlo di Ibadeth che lo scuoteva selvaggiamente perché si era addormentato al volante e si stava sfracellando contro il new-jersey. Sic stantibus rebus, i due hanno capito che forse era meglio fare una pausa e sono usciti nella notte a Forte dei Marmi. Era escluso che a quell’ora si trovasse un posto economico dove posare il capino (poi, a Forte dei Marmi, è escluso che si trovi un posto economico, stop); talché, rammentatisi della spiaggia comunale (l’unico spazio vagamente cheap della Versilia), hanno parcheggiato l’Ami-8 dietro al camion rosticceria perennemente allocato sul lungomare, sono entrati nel lido, hanno aperto due lettini presso la battigia e si sono addormentati. Poco prima di crollare, Ibadeth ha avuto una visione del cielo dietro le cime delle Alpi Apuane, che da nero e stellato diventava turchese opalescente; ha biascicato a Tarquinius: "Guarda, l’alba!"
"Sembra un planetario!" ha commentato il suricate. Dopo di che è scivolato nell’oblio fino alle sette e mezzo, quando una mano lo ha scosso energicamente e una voce alquanto toscana gli ha detto: "Sarebbero quindici euri!", al che Tarquinius, mezzo rimbambito, ha pescato le banconote nella sacca, ricevendone in cambio uno scontrino; quindi è ripiombato nell’oscurità fino alle dieci, quando si è destato e ha visto Ibadeth che acquistava quantità industriali di cocco da un venditore con un secchio.
Così, finalmente mi sono fatta raccontare la conclusione del giallo di Civitella Plestina…

lunedì 18 agosto 2008

Et voila Ibadeth


Ibadeth
Inserito originariamente da susannucciauccia

Ibadeth! Ibadeth! Ibadeth!

Si oscura la vallata!
Dopo l'immissione in rete dell'orrido abbozzo di ritratto di Ibadeth, la mia amica ramarra non ardisce mostrarsi sulla pubblica via e, se è costretta ad uscire, si avvale di vari travestimenti:
1 - si camuffa da Ficus beniamina (tanto, è già verde di suo),
2 - si maschera da serpente a sonagli (mediante l'ausilio di un paio di scaccia-spiriti bellamente ciulati nel negozio della dolce Aysel);
3 - finge di essere una leghista in camicia verde e si spaccia per Pialuisa Bianco.

domenica 17 agosto 2008

Diceva Stefano....


La verità nascosta

L’intenso ricordo
di quel faticoso amore
la rumorosa conversazione
tra anime confuse
intente ad esprimere
un falso sentimento
un parziale affetto
compreso in pochi attimi
e ricordato solo
come un triste piacere

sabato 16 agosto 2008

Marina, Marina, Marina...


albero caduto roma
Inserito originariamente da susannucciauccia

Questo post devesi intendere come il seguito del precedente.
Siamo sempre a Roma, stavolta a fianco del Ministero della Marina. Zona centrale, dunque.
Ora, io non voglio essere tignosa, ieri era Ferragosto ed è logico che la Nettezza Urbana non lavorasse; ma l'albero caduto in mezzo al marciapiede - di cui abbiamo una diapositiva - era secco ed aveva l'aria di star lì da un bel pezzo...
Qualcosa è cambiato
.

Auto storiche


macchina gianicolo
Inserito originariamente da susannucciauccia

Sarà un'impressione, ma mi pare che Roma da qualche settimana sia lievemente peggiorata. Come gestione e pulizia delle pubbliche vie, intendo. Ieri sono stata nella capitale e ho fotografato di tutto. Oddìo, prima di arrivare ai livelli partenopei ce ne vuole, la classe non è acqua, ma se Roma si applica, non dubito che i risultati si vedranno. Non so però che cosa ci sia di diverso, a Roma. Sembra che da un paio di mesi... non so... qualcosa sia cambiato.
Ma cosa?
Chi lo sa.

Sono stata a passeggio al Gianicolo e a Trastevere e ho notato un gran numero di auto e motorini che sospetto siano stati abbandonati, a giudicare dallo spesso strato di polvere e zella assortita che ricopriva le une e gli altri. Come l'auto ritratta nella foto accanto, ad esempio. Ma dico io: è normale? Non frega niente a nessuno? Agli abitanti, ai vigili stessi...? Questa era corredata di svariate multe, fatte in periodi differenti... Cioè, immaginate la scena. Passa il vigile, le fa la multa, ripassa (o ne passa un altro) e vede la multa e un quintale di foglie sopra, ari-fa la multa, ari-passa il vigile, vede le due multe e una tonnellata di fogliame e cartacce varie, e ari-fa la multa per la terza volta? Ma segnalarla no?
Ci credo che la macchina sospettata di aver rapito Emanuela Orlandi è rimasta al parcheggio di Villa Borghese tredici anni senza che nessuno se ne accorgesse.
Questa della foto come minimo sarà stata quella con cui hanno rapito Matteotti...

giovedì 14 agosto 2008

Arturo il ragioniere


Il ragioniere
Inserito originariamente da susannucciauccia

Ecco la foto di Arturo il ragioniere dinnanzi al garage in cui proviamo i nostri pezzi... Lo scatto ce lo restituisce poco prima della distillazione e distribuzione, da parte di Charlie, di un liquore estratto dal cactus che campeggia sullo sfondo (lo scemo lo aveva letto in un libro di Salgari). Distillato e servito, il terrificante prodotto aveva provocato nell'ordine: dissenteria, sudore turchino, pelle color indaco, estasi mistiche di tipo sufi e vocalizzazioni in lingue più o meno sgneriche...

lunedì 11 agosto 2008

Estate smaltata


Ieri è venuta a trovarmi mia cugina Margot, accompagnata da Megalo. Voleva mostrarmi lo schema di un piccolo opuscolo che il Museo da lei diretto intende pubblicare a settembre, quando riapriranno le scuole, per diffondere quanto più possibile la cultura dei Ruscinates e, soprattutto, dei Gaturni. Mentre stavamo nell’orto a bere bevande ghiacciate, Margot mi ha mostrato l’opuscolo e Megalo le nuove foto di rotonde arrivate da tutt’Italia. "Ma all’estero le fanno, le rotonde?" ha voluto sapere la Bimba. "Altro che", ha risposto mia sorella "hanno cominciato molto prima di noi…"
"Ma Ibadeth e Tarquinius dove sono?" ha chiesto Margot. Le ho spiegato che sono in vacanza ad Elbasan, dai parenti di lei, e che oltre tutto mi hanno lasciato a bocca asciutta sulla conclusione del giallo di Civitella Plestina, quei malvissuti. Margot ha riso, mentre io e la Bimba sfogliavamo l’opuscolo; siccome dubito assai che la Bimba sappia leggere, ben presto mi sono ritrovata sola, intanto che la truce ragazzina si dedicava al suo sport preferito, ovvero suonare alla porta di Arturo il ragioniere e poi scappare. E lui, citrullo, che non ha ancora capito ed è convinto che i rompipalle siano i rom.
"Sono poesie, queste?" ho chiesto. L’opuscolo, infatti, riportava le foto dei pezzi più pregevoli rinvenuti nel santuario di Lacus Lubina e la riproduzione di alcuni glifi con scritte, spesso rovinate, a caratteri totalmente incomprensibili. Margot mi ha spiegato che non lo sa di sicuro, ma che i glifi in questione presentano versi non sempre chiari, alcuni probabilmente di carattere religioso o cerimoniale, altri forse versi d’amore, tradotti da lei e da un docente di storia antica della Quarta Università.

e quando in fondo alla galleria
non arriverà più nessuna voce
nemmeno quelle poche….

"A me piace questa" e Megalo ha letto, con aria – credeva lei – ispirata:


Estate smaltata
il turchese del cielo
lo smeraldo dei colli
giada dorata
bassorilievo di girasoli gialli e oro
coppa di stelle mischiate a giaietto


Le ho fatto notare che era suggestiva, ma non aveva molto senso. "Grazie tante, era sparsa qua e là su tavolette tutte sfrante…", ha ribattuto lei, piccata. Io ho espresso la mia preferenza per un distico peraltro non molto più comprensibile:

Quando sarà scomparso il fiore,
risorgerà il tuo amore.


Margot mi ha detto che nelle feste di fidanzamento si regalava un anello con un fiore dorato disegnato sopra e, quando il disegno sbiadiva, era ora di sposarsi. O di lasciarsi. Un altro distico che ha incontrato il favore di tutti è stato:

Se avessi chi con un filo d’argento
infilasse con me anche il più piccolo corallo!

L’atmosfera suggestiva è stata però bruscamente infranta da una violenta scampanellata e da un urlo selvaggio: "Vi spacco il culo, zingari di….!!!!!!", mentre la dannatissima Bimba fuggiva sghignazzando giù per la discesa che porta alla statale….

A proposito di stelle...

Ma le stelle disegnate in cielo
non saranno forse le impronte
di zampette di tanti gatti e gattini
che si rincorrono felici?

domenica 10 agosto 2008

L'immondizia che non c'è


capua
Inserito originariamente da susannucciauccia

Eh bien, mesdames et messieurs, voila la monnezze!
Et moins mal que le gouverne avait dit que la monnezze avait eté sciacquée des coillons!

(Capua, fine luglio 2008)

giovedì 7 agosto 2008

Concerto degli Otocioni


Concerto Otocioni
Inserito originariamente da susannucciauccia

La pregevole opera d'arte futurista che vedete è il manifesto di un concerto degli Otocioni tenutosi qualche tempo fa.
Fu in quella data che conoscemmo Flavio Aufidio Crispino, che non è un imperatore romano risalente all'epoca dell'anarchia militare, bensì il giornalista di una TV locale, "Tele-Ahuuuuu-International" (ora è passato a RAI 3 e non gradisce che gli si rammentino cotali trascorsi poco protocollari). E' un lupo e non gradisce nemmanco che qualcuno gli dica "In bocca al lupo" ("Per chi mi avete preso, per il bidone aspiratutto?" si stizzisce regolarmente).

martedì 5 agosto 2008

Otocioni lyrics


Tu hai sete
(di von Strohmenger-Gebratmaryam)

Tu hai sete, non dir di no, tu hai sete.
Non puoi negarlo: te lo leggo dentro gli occhi.
Te lo leggo dentro al cuore.
Tu mi dici:
"Perché mai dovrei ammettere che ho sete?"
Rispondo io:
"Ti costa per caso molto?"
"Ebbene sì, mi costa un fico secco"
Insisti pure, tanto,
non mi convincerai mai.
No, non posso tanto credere
che qui, in pieno deserto
e senza una borraccia,
tu non abbia sete. Tu hai sete.

lunedì 4 agosto 2008

Livio Orazio Valentini non c'è più

E' morto Livio Orazio! Io ho parlato di lui qualche giorno fa e adesso ho appreso che è morto.... Oddìo, quanto mi dispiace... Ho conosciuto sua figlia e non posso nemmeno farle le condoglianze perché non so dove vive... Chissà che attraverso la rete le mie parole non le arrivino...

Orvieto ricorda l’artista con simpatia
ORVIETO - Era stato a Buchenwald, deportato e salvo tra i pochi. E’ diventato artista per ricordare i misfatti che l’animo marcio dell’uomo e’ in grado di compiere. Ha dipinto "Eccidio di Camorena", ha creato monumenti che urlavano richiesta di giustizia, memoria di un’era che si voleva sepolta e che sta tornando, quella delle guerre fratricide dietro l’angolo e in procinto di riesplodere. L’abbiamo conosciuto poco, ma ci basta il testimone di saggezza e impeto che ha tramandato. Se n’e’ andato Livio Orazio Valentini, artista vivace che ha preferito i toni dimessi nella vita affidando forza nell’impasto cromatico, di cui e’ stato maestro, nelle sue opere. La città di Orvieto lo ricorda ora con simpatia, più di quanto non abbia fatto quando e’ stato in vita.

El gran teatro del mundo


La casa di Jerry
Inserito originariamente da susannucciauccia

Nella vita è tutta question d’immagine, diceva, mi pare, Lupo Alberto. Basta far credere. Non importa che ciò che mostri sia vero. Questo dice il pitone Srikant; o per lo meno diceva ieri, a casa di Jerry l’otocione, che vive in una malandata baracca in campagna (qui a fianco nella foto, dopo che il padron di casa ha rimesso in ordine), nei pressi d’uno stagno. Sono anni che si ripromette di migliorarne l’assetto, ma visto che è esponente di spicco dell’associazione “Vivere con lentezza”, la veggo assai buia. Comunque, ieri ero a casa di Jerry con Srikant, Tina la piovra e Arturo, un mio vicino di casa soriano che fa il ragioniere, e bevevamo succhi di frutta a gradazione più o meno alcoolica. Per qualcuno parecchio più. Srikant sosteneva che gran parte delle cose che vediamo ed ascoltiamo non sono reali.
Lo diceva anche Calderon de la Barca” annuiva Jerry. E a noi ignoranti che chiedevamo chi diavolo fosse, ha spiegato che era un drammaturgo spagnolo del Seicento, autore della tragedia La vita è sogno, che diceva che il mondo e la vita non sono reali e che la vera vita comincia dopo la morte. A questo punto Tina ha cominciato a fare gesti scaramantici con tutti i numerosi tentacoli di sua pertinenza, terrorizzando il povero Arturo che, come don Abbondio, non è nato con un cuor di leone. Srikant ha sorriso – non si permetterebbe mai di sogghignare, lui – e ha replicato che non era proprio quello che intendeva. Egli voleva significare che tutti mettono in scena un teatrino, più o meno complicato, a beneficio degli altri. E senza andare a scomodare la televisione con le sue finte risse, le sue false riconciliazioni, le sue storie pre-confezionate di amici e grandi fratelli, le gare canore e le partite di cui si sa il risultato almeno da tre mesi prima. Tanto tutti lo sanno e a tutti va benissimo. Chiedeva Srikant: “Non vi è mai capitato… che ne so… di avere un’amica antipatica e di chiedervi come fa ad avere tanti amici e ad essere popolare? Semplice: novanta volte su cento non lo è. Lo fa credere a voi. O l’amico che va sempre in vacanza in posti meravigliosi e a cui succedono solo cose stupende? Novanta su cento che in vacanza è stato da cani o s’è scorbellato come pochi, ma a voi narrerà solo imprese mirabolanti…”
Io conoscevo una tizia così” ha interloquito Tina. “Ostentava amicizie altolocate e parlava del mega-matrimonio del grande industriale e delle feste date dalle grandi nobildonne, ma poi ho scoperto che non ci aveva mai partecipato e che le descriveva perché sua zia ci aveva fatto il catering
Io sostenevo che bisogna accontentarsi, nella vita. Se una rappresentazione serve a farti passare una mezz’ora piacevole, perché no? Basta che tu lo sappia, che non è vero… Srikant ha detto che tante volte una finzione serve non solo come passatempo, ma come mezzo di sostentamento. Lui, Srikant, per esempio, è arrivato in Italia da clandestino, quindi senza permesso di soggiorno e senza lavoro. I primi tempi, per vivere, lavorava con un incantatore di serpenti, quelli che, suonando il flauto, fanno uscire da una cesta un cobra che si snoda in larghe spire a tempo di musica. Solo che Srikant è un pitone, mica un cobra, e a un cobra non gli assomiglia neppure vagamente. “Ma tanto la gente che ne sa?” . E l’incantatore, che si faceva passare per un saggio fachiro della valle del Gange, era in realtà un pregiudicato bulgaro che lavava vetri ai semafori a tempo perso. “Oddìo, tra un bulgaro e un indiano non è che ci sia tutta questa gran somiglianza…” ha detto Arturo; ma Srikant ha assicurato che la gente ci credeva. “Tanto la gente che ne sa?” Tina la piovra a questo punto si è chiesta se il bulgaro lo sapesse suonare, il flauto, e Srikant ha detto che no, effettivamente il flauto non sapeva manco da che parte si pigliasse, per cui usava uno di quei demenziali strumenti carnascialeschi detti “la lingua della suocera” e che lui, Srikant, usciva con sinuose spire da una cesta che di solito il bieco balcanico usava per i panni da lavare... quando li lavava. “Ma tanto la gente che ne sa?”
Ossignore, che incubo” ha riso Jerry. “Tutto finto! In breve, niente di ciò che vedevi era vero... Ma almeno eri capace, ad uscire sinuosamente dalla cesta?”
Quello sì, me la cavavo” ha ammesso Srikant, ridendo.
Che fine ha fatto il bulgaro?” ho voluto sapere io.
Sai che non lo so? E mi piacerebbe saperlo…, ma non credo neanche che il nome che mi ha dato sia quello vero…”
Figuriamoci” ha bofonchiato Tina. “Secondo me, non esiste nemmeno. Te lo ha fatto credere a te, che esiste. Magari era un ologramma…”
La vita è ologramma” ha concluso Jerry l’otocione. E su questa massima, ci siamo scolati una caraffa di Cosmopolitan.

domenica 3 agosto 2008

Le poesie di Annarita


La vita è

La vita è un grande libro
aperto,
giorno dopo giorno
si riempe una pagina.
Pagina dopo pagina,
si finisce di scrivere,
fino a quando non si apre
la porta della morte.
Non dico che Annarita sapesse che sarebbe morta presto, non voglio essere così teatrale. Forse sapeva solo che sarebbe morta un giorno o l'altro.
Allegro, come saluto di buon ritorno, vero?
Domani vi farò più ridere, via.