giovedì 24 aprile 2008

Il mistero del gotico di Crimea

Wara wara ingdoulou,
chi è più scemo, io o tu?

Ricordate il film Frankenstein junior, di Mel Brooks? Ad un tratto il protagonista - il bisnipote di Frankenstein, mi pare – in preda a un incubo notturno comincia a urlare:

Non c’è scampo più per me!
Il destino è quel che è!

E, se è per questo, il nostro Charlie ogni tanto ulula:

Stare zitti non si può!
Super-giga-mega-ahò!

A questo punto la risposta alla domanda iniziale potrebbe apparirvi scontata; la più scema sono io, evidentemente. Tuttavia il primo verso è l’inizio di una filastrocca misteriosa che viene dal Cinquecento e che forse potrebbe avere origini ancora più remote… Eruli? Tetrassiti?
Prima che cominciate a sospettare che di canne me ne sia fatte troppe, vi racconterò la storia che mi aveva promesso Illeana l’iguana, ovvero:
Le cento parole del gotico di Crimea
C’era una volta un ambasciatore fiammingo di nome Ogier-Ghyselin Busbecq, un diplomatico che si trovava, nel Cinquecento, a Costantinopoli, al servizio dell’Imperatore Ferdinando I. Era un signore dai molteplici interessi: collezionista di monete antiche, raccoglitore di manoscritti greci e naturalista (pare che sia stato lui ad introdurre in Europa il tulipano e il lillà). In Turchia, aveva sentito parlare di un misterioso popolo, i Goti della Crimea, che venivano citati in alcuni cantari e che sarebbero stati quanto rimaneva dell’antico popolo dei Goti (ricordate "La leggenda di Teodorico"?
Sul castello di Verona/batte il sole a mezzogiorno…);
e La tomba di Alarico? I Goti che deviavano il corso del fiume Busento per seppellirci il loro condottiero (comoda, la cosa)?
Cupi a notte i canti suonano...
ma la storia era sempre stata avvolta da un alone di nebbia che la faceva assomigliare più ad una leggenda che a verità. Erano i discendenti degli Eruli, il popolo barbarico che nel V secolo fece sgommare Romolo Augustolo, l’ultimo imperatore romano? Erano i Tetrassiti, misterioso popolo di cui si sa anche meno? (più che altro, sembra il nome di una classe di minerali… Sulle pareti della caverna sfolgoravano miriadi di rutilanti tetrassiti…). Un dì, nel corso di un pranzo, gli furono presentati due personaggi, che avevano inteso dire che lui s’interessava ai Goti di Crimea.
Uno disse di essere un Goto, che tuttavia era sempre vissuto in Grecia ed aveva quasi dimenticato la sua lingua materna; l’altro invece era un Greco, che però aveva sempre avuto contatti intensi con varie tribù gotiche e ne aveva imparato la lingua. Insomma, un Gotogreco e un Grecogoto. Busbecq tutto contento li interrogò sulla loro nazione e sulla loro lingua e l’ineffabile coppiola lo ragguagliò in vari modi: che tipo di gente erano i Goti di Crimea, quali usanze avessero e che lingua parlassero. Infine il Busbecq si annotò un centinaio di parole che, a dire dei suoi due interlocutori, erano ascrivibili al vero autentico Gotico di Crimea; indi i due Gotogreci o Grecogoti svanirono e il Busbecq mise da parte la lista di parole… dove? La lista andò perduta e non se ne udì più parlare fino al 1589, quando a Parigi venne stampato un libro che conteneva anche il piccolo glossario crimeogotico. Di tale libro i linguisti, come il professor Nucciarelli, hanno scritto "...che i suoi intenti linguistico-filologici sono da ritenersi marginali e secondari" (leggi: fa schifo e ribrezzo).
Ciò non pertanto, è l’unica testimonianza che si abbia di codesta fantomatica lingua e non è un granché. Primo perché il nostro amico Busbecq, essendo di madrelingua fiamminga, avrà certamente adattato i termini che gli hanno detto i due Gotogreci Grecogoti al suo idioma; secondo, perché non ha condotto lui una revisione del suo libro, ma ha lasciato che la correggessero i tipografi, per di più francesi. Sai che minestrone che sarà venuto il manoscritto del Gotico di Crimea… Già era di per sé squilibrato, dato che si tratta di un centinaio di parole che appaiono un tantinello slegate fra di loro (anche se, mi dice Illeana l’iguana, sono utilissime per la filologia come confronto con altre lingue germaniche); ma la cosa più carina è la filastrocca finale, che suona:

Wara wara ingdoulou
Seu te gira Galitzou
Hoemisclep dorbiza ea.

Testo, direi, di una chiarezza esemplare, di cui non una sola parola ci sfugge. Jerry l’otocione ha detto che la vuole usare come testo per un pezzo rock (e io invero non oso pensare)।
Busbecq ha affermato che i due tizi gliel’hanno presentata come cantilena e che questi sono i primi tre versi; ma non gli hanno detto di più né hanno accennato ad una qualsiasi traduzione. Non che lui si sia sbudellato molto per saperne di più… Ci hanno provato vari filologi, fra cui il professor Scardigli, che ha proposto un confronto con il gotico classico:

Warei warei aggilu,
skauta garawei ga-alith.
Himin-slep biut-izai…

che dovrebbe essere una dolcissima ninna-nanna (oddìo, la dolcezza del gotico...) e significare pressappoco:

Veglia, veglia, angelo mio,
nel tuo grembo riposa la creatura,
concedile sonno celeste…
insomma, anche un po' iettatoria, direi.
L’apice si è però raggiunto con l’interpretazione turca (ci mancava solo quella), proposta alla fine del XIX secolo dal nobile Géza Kuun, che sosteneva che questo era il testo in turco:

Wara wara ing dolu,
schu tegira galdi su
ham isclap dur biza ea.

che in effetti somiglia parecchio alla cantilena citata dai Gotogreci Grecogoti, ma significa tutt’altra cosa (forse):

Lentamente si riempie,
fino a questa regione è arrivata l’acqua:
quando la nave arrivò lì...

Ma di che cavolo parlerà mai? Di un’inondazione? Di una tempesta? Di un naufragio? dello tsunami? Dell’anima de li mejo mortacci sua?…
[Mi corre l’obbligo di chiarire una cosa: la traduzione me l’ha fatta la Mamma dal testo latino e la Mamma, a latino, credo che al Liceo avesse la media del quattro, ma transeat… Se qualcuno avesse una traduzione migliore, cosa invero non impossibile, me la mandi e provvederò alle rettifiche].


Per farla corta, quando ho letto la storia di Illeana l’iguana, la notte ho avuto un incubo: mi sono sognata i Goti che scavavano di notte nel letto di un fiume, cantando Wara wara ingdoulou e sparendo travolti da un torrente di acqua e fango, mentre il canto si perdeva nella nebbia....
Devo farmi meno canne?

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Forse il turco aveva ragione.Se metti insieme il fatto che ,dopo le teorie dei ricercatori ultimamente dicono di aver trovato le traccie del diluvio nel Mar Nero e che allora si è creato lo stretto di Bosforo,e poi come dicono che l'Arca di Noe si treverebbe nelle montagne Ararat di Armenia (che non è molto lontana di Crimeea),allora potrebbe anche dirsi che un senso c'è in quel che dice il turco.

Susanna ha detto...

Probabile!