mercoledì 23 gennaio 2008

Pedofilia, blasfemia o tutt'e due?



Sempre nell’ambito dei seminari del professor Biancamagnolia, ho elaborato una seconda relazione (dopo quella della desensibilizzazione sistematica di Ada Corishant), dal titolo:

Ruolo del Trauma nei Disturbi della Condotta: il piccolo Albert e gli Apostoli
Forse non tutti sanno che…
Il condizionamento classico è un tipo di apprendimento, studiato nei primi anni del XX secolo dal fisiologo russo Pavlov, che voleva capire il meccanismo per cui gli animali imparano che certi stimoli possono presentarsi insieme (tipo il cagnaccio che sbava quando sente la voce della padrona perché sa che verrà a portargli il rancio, per capirci). Un povero disgraziato di bimbo, il piccolo Albert (evidentemente orfano, o trascurato dai genitori dediti alla tossicodipendenza, alla prostituzione, al gioco d’azzardo o a tutti e tre assieme) amava giocare con dei candidi topolini, finché un giorno due efferati figuri che si spacciavano per comportamentisti, la Rosalie Raynor e il James B. Watson, esponenti di spicco presumo dell’Erode Fan Club, non attuarono un demenziale esperimento: presero ad emettere fortissimi rumori alle sue spalle ogni volta che il poverino si avvicinava ad un ratto bianco. Ne conseguì che il piccolo Albert, manco a dirlo, ogni volta che vedeva un topo bianco si sentiva male e piangeva; tanto che giunse al punto, riferisce la bieca coppia Raynor-Watson, di generalizzare questa risposta emotiva condizionata mostrando paura non solo nei confronti di piccoli animali bianchi, ma anche di una stola di pelliccia bianca. Li mortacci loro!
E fateci anche i furbi, direi io. I testi non chiariscono che ne fu del piccolo Albert, ma io ipotizzerei che abbia in seguito sviluppato un Disturbo della Condotta, così concettualizzato nel DSM IV:
Una modalità di comportamento ripetitiva e persistente in cui i diritti fondamentali degli altri o le norme e le regole della società appropriate per l’età adulta vengono violate. La condotta aggressiva causa o minaccia danni fisici ad altre persone od animali, ed è presente un comportamento prepotente ed intimidatorio, come dare inizio a colluttazioni fisiche o usare un’arma che può causare seri danni fisici (un bastone, una bottiglia rotta, un coltello o una pistola).
Ma che ne fu del piccolo Albert?

Ho fatto accurate ricerche in tal senso, in questo coadiuvata da Maddy McSnow, una mia ex-compagna di scuola che attualmente è borsista presso la cattedra di Storia Indoeuropea e ha affittato un mini-appartamento presso la sorella della Mamma, la Zia Elena, all’Oscano. Maddy ha consultato testi, codici e reperti nelle biblioteche ed ha elaborato alcune ipotesi che tuttavia, allo stato attuale delle conoscenze, tali rimangono. Le ho sottoposte a mio fratello Edoardo, l’avvocatone Sullivan, e quel malvissuto ha commentato che: a) la Maddy lavora da cani (e ti credo, è un pinscher); b) la Maddy m’ha preso per il culo e c) che le nostre scoperte gli paiono barzellette; ma Edoardo, si sa, è poco collaborativo. (In tutti i modi, non so se sono brava a raccontare barzellette. Mi dicono di sì. Quando le racconto, alle cene o alle feste, tutti ridono. Quel farabutto di Edoardo insinua che io sia ridicola, più che comica; ma già conosciamo il personaggio, del resto…)
Sospetto che il piccolo Albert con la famiglia si sia trasferito in Palestina. Dunque, c’è Gesù Cristo che, affiancato dal fido San Pietro a sorvegliare che tutto vada a dovere, predica ai bambini. A un tratto, dalla folla dei teneri pargoletti, parte sibilando un sasso grande quanto una pagnotta che sfiora l’orecchio di Nostro Signore e va a schiantarsi sulla clavicola di San Pietro, il quale caccia un urlo selvaggio e, reggendosi la spalla, inizia ad imprecare, minacciando morte atroce all’ignoto mini-lapidatore (probabilmente il piccolo Albert). Gesù lo redarguisce affettuosamente con le parole: "Pietro! Lascia che i bimbi vengano a me!"
"Ma Signore…."
"Pietro! Ascoltami! Lascia che i bimbi vengano a me!"
Pietro incassa e Gesù si rimette a predicare, mentre l’apostolo acciaccato si massaggia la spalla e guarda trucemente il branchetto ignaro. In quella, una tegola parte da mano sconosciuta verso il Salvatore, che elegantemente si sposta a sinistra, talché colpisce in piena fronte il povero Pietro, che dà la stura ad una serqua di parolacce e maledizioni quali non si erano mai udite in tutta la Galilea e la Palestina dai tempi del Re Salomone (da parte delle due decerebrate che si litigavano il pargolo, of course). Gesù ovviamente riprende il suo irruento apostolo:
"Pietro! Non bestemmiare e lascia che i bimbi vengano a me!"
"Ma Signore, ma ti pare possibile…."
"Pietro! Fidati! Lascia che i bimbi vengano a me!"
Bon, ve la faccio corta, se no diventano i cuentos de nunca acabar; la scena si ripete varie volte, dapprima con lancio di foratini, poi di sampietrini (e cosa meglio?), quindi di paracarri e macigni via via più grossi; fino a che, quando una macina da mulino scagliata a gran velocità rotola verso il Figlio di Dio (il quale con una piroetta si pone immantinente fuori traiettoria) e passa sopra il piede destro di Pietro frantumandogli lo scafoide, l’apostolo ruggendo agguanta una pertica e inizia a rotearla freneticamente sopra le teste dei frugoletti.
"Pietro! Lascia che i bimbi vengano a me!"
"Eh no, eh! Basta con la bufala dell’altra guancia, chi siamo noi, i più coglioni? No, adesso lo …"
"Pietro! Lascia che i bimbi vengano a me (sussurrando) che quando mi viene a tiro gli faccio un culo come un cesto!"

(Ne conosco anche di più irriverenti, per la verità – almeno un paio: la poesia di Natale del delicato poeta germanico Erich von Blasfem e la storia, di vago sapore neorealista, del parroco con la peristalsi sconvolta ed in ritardo per la Santa Messa … ma forse non è il caso di divulgarle qui. Non foss’altro perché se no Martino mi scatena dietro lo Shin Beth...)

venerdì 4 gennaio 2008

Le Ametiste del Nilo


Nell’impero romano del II sec. d. C. si celebrava, il 5 di marzo, una solenne festività dedicata alla Dea Iside: il "Navigium", il vascello di Iside…
No, non mi sono data alla mitologia né tampoco all’esoterismo (figuriamoci, me ne guardo bene. Poi non ci ho la capacità d’astrazione, o no?), queste sono le cose che piacciono a Maysa. Maysa la lince è una bellydancer, cioè una danzatrice del ventre. Come hobby, naturalmente: di norma fa l’analista in un laboratorio, ma per suo diletto si dedica alla danza orientale (ha studiato per anni con Jalila delle Follie d’Oriente) e, ultimamente, alle coreografie presso i teatri più alternativi off-off-off-parecchio off della città. Il bello è che le danno pure retta, non so come fa; a parte che ha un caratteraccio, che è sempre sotto farmaci perché ci ha la sindrome di Tourette dal lunedì al venerdì (il fine settimana deve fare la percussionista e la sindrome di Tourette non la ostacola, anzi); che a seconda di come le gira, della direzione del vento o di chi sa quali congiunzioni astrali decide se essere cristiano-maronita o musulmana... domando e dico, come si fa a dar retta a una così? Che affidabilità ti dà una banderuola del genere? Se glielo dico, mi sento dire, fra urli e maledizioni fenicie e bestemmie assiro-babilonesi, che sono rigida, che sono una borghese del cazzo (l’avesse sentita la Iris!) e che mi accontento di una vita mediocre. Io. Susanna von Strohmenger, rockstar in spe e stella del liscio in pectore (non so che cosa vogliono dire siffate espressioni, me le ha suggerite Martino). Vabbe’, sciroppiamoci pure Maysa la lince, pace e amore è il mio motto… Maysa, dicevo, scrive coreografie per spettacoli di danze orientali e ha fondato un gruppo di danza formato da quattro ballerine quattro, dal suggestivo nome "Le Ametiste del Nilo", che adesso sta girando per i circuiti alternativi della regione proponendo uno spettacolo intitolato, appunto, "Navigium Isidis". Io le ho suggerito di cambiare titolo, perché l’idioma latino secondo me dà più l’idea di una sacra rappresentazione o di uno spettacolo di canti gregoriani; ma quando Maysa ha iniziato a ululare e il suo pelo maculato a schizzare in tutte le direzioni, mi sono affrettata ad assicurarle che era assai evocativo e che tutti avrebbero capito al volo di che si trattava.
Non so se conoscete la storia di Iside e Osiride. Iside è una dea nata in ambito mediorientale (sumera, assira, egiziana e chi più ne ha più ne metta), che presso la mitologia greco-latina è nota col nome di Cerere o Demetra, anche se patisce vicende abbastanza diverse. Iside ha uno sposo, Horus, Osiride, so un accidenti, il quale a un certo punto muore assassinato dal fratellastro Seth. Fra l’altro, anche Iside era sorella di Horus o forse sua mamma, boh… gli egiziani non facevano caso a piccolezze quali i connubi incestuosi e mostravano, a mio avviso, scarsissimo senso dei legami familiari. Insomma, Seth fa secco Osiride e lo sigilla in un sarcofago, indi lo getta nel fiume, dopo di che Iside vaga per le paludi su una zattera di papiro per cercarne i pezzi (che, se non sbaglio erano quindici; Iside ne trova solo quattordici e indovinate quale mancava? Il pisello, naturlich. Maysa ha tuttavia sorvolato su questo particolare nello spettacolo che ha presentato). Bon, alla fine lo trova e lo rianima, il che sembrerebbe simboleggiare la morte e la rinascita delle stagioni. Non mi ricordo come rimedia all’assenza del pisello e lo spettacolo, a tal riguardo, non è illuminante.
Questo è il canovaccio di uno degli spettacoli ideati da Maysa, che è stato presentato in occasione della grande inaugurazione della Food Farm… Quando io ho obiettato che il "Navigium Isidis" con i prosciutti aveva poco a che spartire, Maysa ha afferrato la scimitarra che costituiva uno degli attrezzi dello spettacolo e ha cominciato a rotearla sopra la mia e la sua testa; al che, io mi sono affrettata a sostenere che il legame tra le tematiche della morte e della palingenesi e i salumi era così palese che non vi era chi non avrebbe potuto scorgerlo…