giovedì 15 novembre 2007

Hard Grind Bifolk Rock: gli Otocioni

Gli Otocioni
Gli Otocioni sono la mia più profonda ed autentica vocazione. … E’ la band per mantenere la quale ho ripiegato sul liscio più bieco Io sono una musicista rock, fondamentalmente; ma, come dice sempre lo Zio Panda, musicisti rock ne vendono a tazze come i lupini, laonde o puoi vantare conoscenze in altissimo loco (tipo il Papa è mio zio, Condoleezza mi ha fatto da madrina alla Cresima e via viscideggiando) oppure offri un prodotto assolutamente originale… Noi suoniamo un rock duro (di comprendonio, insinua mio fratello l’avvocato) ed abbiamo ideato un nuovo genere musicale, l’Hard Grind Folk Rock. Edoardo una volta è venuto a sentirci suonare (ci esibivamo in un pub presso il Tribunale) e, una tantum, ci ha apprezzato molto: ha detto che ci trovava molto più che folk, che eravamo doppiamente folk, e ha suggerito per il nostro genere la dicitura "bifolk". Il suggerimento ci è piaciuto e l’abbiamo subito inserito nel nostro manifesto (elaborato da Tarquinius Lalibela, lo sposo della mia amica Ibadeth; è lui l’artista, ancorché appartenga al versante licaonico).
Manco a dirlo, mio fratello Edoardo, tanto per non smentire la sgradevolezza di tratto che raramente l’abbandona, ha fatto ipotesi più che ingiuriose sulle sfere concentriche che circondano nel manifesto il nome della band, definendole "palle" e collegando in qualche modo tale dicitura alle nostre performances…

Io, Susanna von Strohmenger, suono la seconda chitarra ritmica.
Alle tastiere c’è Tina. Tina in verità si chiama Annunziata Scognamiglio, come si può intuire facilmente dal nome è nata a Bassano del Grappa, è emigrata giovanissima con la sua famiglia negli Stati Uniti e ha lavorato per anni a New York, come lavavetri alle Torri Gemelle. Rimasta da qualche anno disoccupata, non so perché, è tornata in Italia e si è fatta assumere, sempre in qualità di lavavetri, alle Quattro Torri di San Mariano, anche se brontola sempre che non è proprio la stessa cosa. Dimenticavo di dirvi che Tina è una piovra. E’ buddista, vive in un ashram dal lunedì al venerdì ed è appassionata di film sulla Mafia siciliana. Sostiene che parlano di lei. Secondo me, ci ha i deliri di riferimento.

La percussionista della band è Maysa Noura, una lince libanese. Quando le gira è cristiano-maronita (scassa-maroni, più che altro: è sempre in polemica con tutti), si dice musulmana se è di buon umore (vale a dire: quasi mai). E’ laureata in Scienze Naturali presso l’Accademia dei Lincei, ma è affetta dalla sindrome di Tourette, per cui dal lunedì al venerdì è sotto farmaci, che nel fine settimana sospende; dice che per suonare la tabla il Tourette aiuta. E’ sposata da anni ad un pondenco ibicenco, di nome Ramon Llull Costa i Llobera, che d’estate fa il dj a Ibiza sua patria e d’inverno insegna il catalano alle scuole differenziali.

Un bassista, la FoodFarm e una stazione paleolitica
Al basso c’è un vombato, dal suggestivo nome di Baedyn Yirrkala. E’ australiano, viene dal Golfo di Carpentaria e non è genialissimo, infatti s’intende molto con mio fratello Martino (che coppiola). Nel nostro gruppo suona il didjeridoo, ma per vivere fa il disoccupato… anche se sostiene di aver trovato un impiego presso un negozio di Gastronomia di prossima apertura, il "FoodFarm" di Pila. Evidentemente sono malfidati, al "FoodFarm" e vogliono essere sicuri che il dipendente non gli ciuli la merce: con Baedyn vanno tranquilli giacché è assolutamente vegetariano e lì, invece, hanno ogni sorta di squisitezze, e fatte tutte a mano! (del tipo salsicce secche, salami, prosciutti stagionati a Norcia e via sbavando). L’impiego glielo ha trovato la Mamma; la proprietaria della "FoodFarm" è una sua amica (credo fosse una sua ex-collega insegnante, ora in pensione), che cucina in maniera non divina: di più! Già quando facevano teatro insieme organizzava pranzi e merende a base di manicaretti da leccarsi le orecchie, tipo torte al formaggio, pane ripieno, ciaramicole, maccheroni dolci… La bottega si trova incastonata nelle dolci colline presso Perugia, su una terrazza naturale calcarea, cui si accede attraverso due lunghi viali di pini (da lì la dicitura "Il Pino", forse scarsamente creativa, ma senz’altro azzeccata). Non solo la bottega, ma anche il sito è ricco di storia: la terrazza era una stazione paleolitica, vi sono state trovate punte di frecce, selci e raschiatoi, risalenti a circa un milione di anni fa (giorno più giorno meno), ma vi sono anche una torre tra i vigneti ed una chiesa medioevale, la chiesetta di Santa Maria Maddalena del Pino. Una sera quello scemo di Martino è andato al Pino a prendere Baedyn con il malandato sidecar di cui si giova per recarsi alle funzioni del tempio (il che mi sembra assai poco dignitoso, fra l’altro) e il bizzarro veicolo, giunto nell’aia di fronte alla "Food Farm", ha esalato l’ultimo respiro, lasciandoli a piedi sotto i pini. Dato che Baedyn gli aveva raccontato che il luogo era una stazione paleolitica, si son messi giustamente lì ad aspettare il treno, con pazienza perché i treni del Paleolitico non sono, immaginavano i due pisquani, proprio all’avanguardia. Manco a dirlo la mattina dopo alle cinque erano ancora lì, gelati, schiumanti e bestemmianti. Martino poi, che è un rabbino, saprà bene quel che dice…

Alla batteria abbiamo un oritteropo, Kevin Fontecupa. Dopo Maysa, è quello che ci dà più problemi perché è un ex-tossicodipendente. E’ di origine africana, ma è stato adottato da una famiglia di Bevagna, con la quale però ha avuto sempre problemi: ha lasciato la scuola, è scappato di casa, è stato arrestato per vari furti allo scopo di procurarsi l’eroina. Adesso vive in una Casa-Famiglia a Greppolischieto, e tutti i giorni va al SERT e scala il metadone, ma ha sempre i nervi a pezzi.

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