lunedì 18 giugno 2007

I pensionanti magrebini (o siamesi)

Kameela e Jalal

Al fine di evitare il furore delle comunità islamiche locali e le conseguenti proteste, un punto tengo a chiarire: io, Susanna von Strohmenger, non sono razzista. Né sono una fondamentalista legata ad un culto purchessia (credo a un Grande Spirito che governa l’universo e che, se ci sintonizzassimo con lui, ci donerebbe pace e amore, ma la mia fede più in là non va). Tanto meno sono cultrice della religione come garante dell’identità nazionale e, se sento parlare delle radici cristiane dell’Europa, mi smascello dal ridere. E i Saraceni, allora? E gli Ebrei? E i Druidi? E … non divaghiamo. Tutto questo Introit vuol dimostrare che io non ce l’ho con gli islamici né con gli Arabi in generale. Anzi. Una degli Otocioni (di cui vi parlerò quando parrà a me), la percussionista suonatrice di tabla, è libanese, si chiama Maysa Noura ed ho di lei grandissima stima. Ma…! E’ chiaro che c’è un "ma". Se no, perché avrei principiato in questo modo, se non ci fosse stato il "ma"? Della serie: "Alcuni dei miei migliori amici sono…" e qui si può aggiungere gay, lesbiche, ebrei, zingari, prostitute, e via emarginando; dopo di che, di solito, si dice qualcosa di tremendo sulla categoria in questione. La Mamma in questo è specialista, specie quando parla dei fascisti.
Io non parlerò di fascisti, ma dei due pensionanti magrebini che da qualche anno si sono stabiliti da noi; provvisoriamente, credevamo io e Iris, in verità sono cinque anni che stanno qui a scassare i maroni. Dopo tutto questo tempo, ancora non abbiamo le idee molto chiare su di loro; anzi, se qualcuno avesse notizie più precise al riguardo, è pregato di comunicarcele (telefonate pure a mia sorella Iris presso la "Iris Consulting", ore ufficio).
Cominciamo dall’inizio. ("Andiamo avanti fino alla fine, poi fermiamoci", aggiunge sempre la Mamma). Sono venuti a vivere con noi cinque anni fa dopo essere rimasti orfani, poverini, e fin dall’inizio, oltre a dimostrare nei nostri confronti un’incomprensibile ostilità, hanno raccontato una tale massa di balle al cui confronto le piantagioni di cotone della Louisiana sono volgari dilettanti. Per prima cosa, fra una rissa e l’altra, ci hanno fatto credere di essere due dignitari algerini. Lei, l’anziana madre, sostiene di chiamarsi Kameela e di essere una principessa del deserto (ha visto troppi film con Rodolfo Valentino, a sentire Iris) e che suo figlio è un principe di nome Jalal. Ci avremmo anche creduto (non siamo malfidati, noi), se non fosse che la Mamma e lo Zio Panda, quando ne parlano, li definiscono "i siamesi" e li chiamano Chicca e Charlie.
Mah. Siamesi. Manco esiste più, il Siam. Ora si chiama Thailandia, m’informa Iris. Quindi dovrebbero essere thailandesi, quei due. Ma allora perché li chiamano siamesi? E soprattutto: perché loro, invece, sostengono di essere algerini?
Vattelapesca.
Secondo mistero. La Kameela (chiamiamola così, per ora) mi ha riferito che ora è in pensione, ma che prima lavorava, da quanto ho capito, alle Ferrovie dello Stato di Grosseto, anche se non so in qualità di che. Di Rompicazzo Serie Oro, presumo. Almeno, così mi pare d’aver capito, perché quando, per pura cortesia, le ho chiesto che cosa facesse nella vita, dapprima si è rivoltata come una vipera e mi ha sibilato alcune maledizioni magrebine (o siamesi?), poi, fra un insulto e l’altro, ho captato "FSSSSSS" e "GRRRR".…
Con mio fratello Edoardo, invece, va d’accordo (quindi se ne evince che non può andare d’accordo con me) e a lui ha raccontato che suo figlio Jalal o Charlie, il quale per inciso è ancora più stupido di Martino (il che, badate bene, non è cosa da poco), ha provato a fare vari lavori di bassa qualificazione, ma che non è riuscito a conservarsene uno che è uno. Ha fatto, nell’ordine:
- il disturbatore per l’Azienda Telefonica (scuoteva vorticosamente le orecchie per far credere che il telefono avesse un guasto);
- lo stronfiatore per l’Azienda dei Trasporti (stronfiava per raffreddare il motore degli autobus);
- il telefonista al Centro d’Ascolto (ci ha due orecchie che paiono parabole, ci posso anche credere);
- l’ esperto di code alla Società Autostrade (stazionava al casello e lasciava pendere fuori la coda; di lì la frase dei radiogiornali "Code in uscita dai caselli");
- il macchinista alle Ferrovie di Stato, come sua madre (si legava alla coda le vetture di prima classe e le trainava in stazione; e l’altoparlante annunciava: "Vetture di prima classe in coda!")
Tuttavia, al di là della peculiarità delle professioni esercitate dai due ineffabili personaggi, ho il sospetto che anche queste informazioni non siano del tutto esatte. Siamesi? Algerini? Ma vogliamo dire della Balduina, più che altro? La Kameela o Chicca che dir si voglia va per i venti, ed è pertanto un tantinello rincoglionita: la notte, dalla camera in cui dorme, si sente spesso: "Ahò! Ahò! Ahòòòòòò!!!". Il che, oltre a deliziare lo Zio Panda e, presumo, esilarare i vicini, mi fa sospettare che la tizia in questione non sia thailandese né tampoco algerina, ma al massimo del Tufello.
Ha financo preteso che la Mamma e lo Zio Panda le costruissero in terrazza una tenda come quella che, a suo dire, aveva nel deserto (al massimo nella friggitoria a Spinaceto, ha sibilato Iris), con una miriade di cuscini variopinti sotto (la Iris gli ci ha pisciato sopra, venendo per una volta meno alla sua abituale raffinatezza). La mia povera romantica sorella, da quando si sono stabiliti qui quei due energumeni, sta facendo una vita da cani (il che, per un gatto, è discretamente tragico): come già l’Ingegnere di sinistra memoria, anche loro, ogni volta che la vedono, le si scagliano addosso con urla mefistofeliche e la massacrano di cazzotti. Sei tu che non vai, le ho detto una volta (mentre Ibadeth le disinfettava i graffi con l’acqua ossigenata). Non è possibile che tutti, dico tutti, ti saltino addosso. Sei tu che emetti segnali di debolezza e sottomissione. Sei laureata in Informatica, hai uno studio di consulenze, una casa in Irlanda, un sacco di soldi e hai pubblicato un libro di leggende che è stato per mesi in cima alla lista dei best-sellers, ma evidentemente sei convinta di essere una merda. Ibadeth mi dava ragione. Guarda Martino, le ho detto. All’inizio lui e la Kameela non si potevano vedere (il che è comprensibile: lei è musulmana, lui è un rabbino), ma alla fine sono addivenuti ad una altezzosa tregua (anche se Edoardo mi ha riferito che una volta li ha visti dormire insieme sul divano; ma non ci credo nemmeno se li vedo). Martino si è fatto rispettare, anche se è un minus habens.
Ibadeth a questo punto ha fatto una delle sue domande sceme (Ibadeth non è scema, ma sovente se ne esce con riflessioni che lasciano sconvolti gli astanti; Filòstrato una volta le ha urlato che aveva un cervello da gallina, e lei gli ha strillato di rimando "Magari!"). Insomma, ha detto che Iris è intelligente, è laureata, è istruita, è ricca, ma non ha stima di se stessa. Martino è deficiente e guadagna anche poco, ma ci ha l’amor proprio. Com’è possibile, ha detto Ibadeth. Per avere l’autostima che bisogna fare, vincere un concorso? Pregare?
Non fare domande cretine, le ho detto. Per fortuna che non si è offesa e che, soprattutto, non ha insistito per avere una risposta.
Perché non avrei proprio saputo che dirle.

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